OFFICIAL VOICE OF THE COMMUNIST PARTY OF CUBA CENTRAL COMMITTEE
Aereo in Afganistan. Photo: EPA

I politici statunitensi nell’ora di giustificare le loro «prodezze»,usano, come prestito, le parole di statisti, scrittori e anche di un Premio Nobel della Letteratura, come nel caso del britannico Winston Churchill, primo ministro del Regno Unito dal 1940 al 1945, durante la Seconda Guerra Mondiale, e poi dal 1951 al 1955, per il Partito Conservatore.
Quando gli USA invasero e occuparono  l’Afganistan, in quel momento, il giornalista nordamericano, Craig Whitlock , autore del libro /Le carte dell’Afganistan, storia segreta della guerra/, chiese all’allora segretario della Difesa, Donald Rumsfeld, se «gli americani non avevano mai capito l’ Afganistan».
Il capo militare ricorse a Churchill: «Nella guerra la verità è tanto preziosa che va sempre protetta con un corteggio di menzogne».
Quello che avviene oggi in relazione all’Ucraina ha una componente bellica e un’altra, forse maggiore, di menzogne. La visione che danno al mondo i grandi media  occidentali è fabbricata su un gran mucchio  di menzogne ripetute migliaia di volte in maniera che il mondo si convinca che i colpevoli sono i russi e il loro Presidente Putin.
Non sono pochi gli esempi che si compongono con titoli come «Ucraina, l’Afganistan dell’Europa». Forse tra l’impalcatura mediatica e l’utilizzo dell’ingiuria bugiarda ci sia qualche somiglianza.
Ma questa volta, più che l’Ucraina, l’interesse degli Stati Uniti è la Russia e per questo utilizza la sua avanzata di guerra – la NATO– e  il suo pedone regionale –l’Unione Europea– nell’affanno di piegare Mosca.
L’amministrazione di Joe Biden, barcollante dopo la partenza delle sue truppe dall’Afganistán, dopo 20 anni di crimini  in uno dei paesi più impoveriti del mondo ha visto nell’Ucraina un «buon momento» per sviare l’attenzione verso il  paese europeo, e «dimenticare» come è restata la nazione asiatica.
I grandi media non mettono a fuoco le sue analisi indagando la vita del popolo afgano dopo due decenni d’attacchi degli Stati Uniti e dei loro accoliti.
Un paese che ha perso  46 000 dei suoi figli per la guerra (ci sono fonti che stimano  che sono stati più di 100 000) e una potenza aggressiva che ha spiegato in questa terra più di mezzo milione di soldati, dei quali 2455 sono morti, è il riflesso crudele di una conflagrazione che Biden adesso pretende di dimenticare.
Com’è restata una nazione in cui più di 2,2 milioni dei suoi abitanti sono stati obbligati a vivere sfollati nei paesi vicini e un altro milione lo ha fatto verso altre regioni del loro stesso paese?
In quella disumana e ingiustificata guerra, il vincitore è stato il complesso militare statunitense, che ha venduto milioni di armi e strumenti bellici per circa 2,3 bilioni di dollari pagati dai contribuenti della nazione aggressiva.
Ora la metà dei bambini afgani soffrono di denutrizione; il  54 % della popolazione  vive al disotto dei livelli di povertà e disoccupazione, informano i dati del Banco Mondiale, supera el 30 %.
La  grande stampa occidentale, nei giorni dello sfrenato allontanamento delle truppe statunitensi e della NATO, sostenne la decisione di Biden di togliere i suoi militari dal suolo afgano.
Quello che è restato indietro, -ora con i talibani al potere- non ha spazio nei media che preferiscono addossare la colpa ai nuovi occupanti del governo di questa nazione asiatica e lasciare nel dimenticatoio tanti morti e mutilazioni d’ogni tipo, ferite ancora aperte come sequele dell’invasione e dell’occupazione dei militari della maggior potenza del mondo e dei suoi fedeli seguaci dell’Alleanza Atlantica.
Gli autori della guerra e gli attori del suo formato mediatico sono gli stessi che oggi si scagliano contro la Russia, approfittando di un montaggio di destabilizzazione e diffamazione in uno scenario dove la sola cosa che si dovrebbe cercare è la pace. ( GM – Granma Int.)