OFFICIAL VOICE OF THE COMMUNIST PARTY OF CUBA CENTRAL COMMITTEE
L’immagine della protesta di Tomie Smith e John Carlos, in Messico-68, parlò per i milioni di statunitensi che soffrono ancora la segregazione. Foto: El País

«Se vinco sono americano, non afroamericano. Ma se faccio male qualcosa allora dicono che sono negro. Siamo negri e siamo orgogliosi d’esserlo... l’America negra capirà quello che abbiamo fatto stanotte».

Dopo aver vinto la medaglia d’oro nella corsa, dei 200 metri, nelle Olimpiadi di Mssico – 68 con un record di 19.83 secondi, Tomie Smith, con il suo compagno John Carlos, bronzo per la stessa distanza con un tempo di 20.10, furono espulsi della delegazione statunitense e dal Villaggio olimpico.

Per quale motivo? Durante la cerimonia della premiazione abbassarono la testa, chiusero gli occhi e alzarono in alto le mani coperte da guanti neri in segno di protesta per la segregazione razziale negli Stati Uniti.

Il bianco  Avery Brundage, allora presidente del Comitato Olimpico Internazionale, considerò il gesto come un’intrusione politica, e chiese l’espulsione dei due velocisti.

Quando Brundage aveva assistito ai Giochi di Berlino-1936 in qualità di titolare del Comitato Olimpico degli Stati Uniti non aveva espresso alcuna obiezione al saluto nazista, mentre era in Germania. Non pochi però si offesero per le quattro medaglie d’oro vinte in sei giorni di gare dal negro Jesse Owens (100, 200 metri, staffetta  4x100 e salto in lungo),  che il presidente di turno negli Stati Uniti, Franklin Delano Roosevelt, non ricevette nella Casa Bianca.

IL MONDO CONTRO IL RAZZISMO

Assieme alle nuove proteste in diverse città degli USA per l’assassinio di George Floyd, donne e uomini famosi e di prestigio nell’ambito sportivo internazionale hanno unito le loro voci per reclamare la fine dell’ingiustizia, della disuguaglianza e della brutalità della polizia, che si stanno incrementando nel paese.

Le stelle del calcio Leonel Messi, Kylian Mbappe, Marcus Thuram, Neymar, Zinedine Zidane, il mitico Pelé,  con il club inglese Liverpool; l’ex velocista Usain Bolt, i tennisti Serena William, Naomi Osaka e Yannik Noah appoggiano la comunità  afroamericana.

I campioni di pallacanestro LeBron James, Stephen Curry, Pau Gasol, Karl-Anthony Towrs, Jaylen Brown e Michael Jordan; il  giocatore di calcio americano Colin Kaepernick –che Donald Trump nel 2017 ha chiamato «figlio di  p...» perchè si era inginocchiato per ascoltare l’Inno nazionale in protesta contro la segregazione razziale, sono alcuni dei tanti che guidano i reclami e soprattutto James e Kaepernik, ed hanno affermato d’essere disposti ad aiutare i detenuti nelle proteste pagando gli avvocati difensori.

James ha messo nel suo account di  Instagram una foto  in cui indossa una maglietta nera con scritto davanti : «I can´t breathe» (non posso respirare). Sportivi della pallacanestro  della NBA sono stati protagonisti di altri episodi simili contro l’indignazione e contro la barbarie negli USA.

Domenica 17 settembre del 2017, quando LeBron James  giocò una partita con una scarpa bianca e una nera, ognuna con la parola “uguaglianza” scritta nella parte del calcagno, ha riaffermato la sua azione con queste parole:

«L’uguaglianza d’intendere i nostri diritti, d’intendere perchcè siamo qui e quanto siamo forti, donne, uomini, negri, bianchi o ispanici. La razza non gioca nessun ruolo».

Come conclusione aveva offerto a Trump il suo apprezzamento personale: «Andare nella Casa Bianca era un grande onore sino a che ci sei andato tu».

Il conflitti tra il magnate presidente e gli sportivi del suo paese sono stati notevolissimi,  tutti sorti per il disprezzo della sua amministrazione che difende a oltranza la supremazia bianca, e il rifiuto dei  giocatori di baseball, di pallacanestro, come Stephen Curry, di visitare la Casa Bianca, è un altor modo in cui gli atleti statunitensi mostrano il loro appoggio ai segregati.
Si potrebbero citare moltissime storie di simili vessazioni proprio oggi quando gli sportivi del mondo reclamano giustizia per l’assassinio di  George Floyd.( GM- Granma int.)