
Dal Progetto Manhattan alla Guerra Fredda, il XX secolo è stato marcato da salti tecnologici che hanno ridefinito il potere militare, la sovranità statale e il destino del mondo. La fabbricazione della bomba atomica non solo alterò il corso della 2ª Guerra Mondiale: inaugurò una tappa nella quale la scienza divenne uno strumento dell’egemonia globale.
La corsa tra gli USA e la URSS consolidò un modello basato nella minaccia, il segreto e la competenza. Oggi, in piena nuova fase del sistema capitalista mondiale, digitale e finanziario, questa logica ritorna con un’intensità similare, con la disputa per l’intelligenza artificiale (IA).
La IA non è solo una tecnologia disruptiva; è il cuore di una nuova architettura di guerra, controllo e cumulo. Quella che una volta è stata una corsa per dominare l’atomo, oggi è una gara per dominare l’algoritmo.
E, ancora una volta, USA e Cina si ubicano come le due grandi potenze che competono per guidare questa trasformazione.
Ma a differenza del secolo scorso, la IA non si limita al piano militare, ma attraversa ogni dimensione della vita sociale, economica e culturale, accelerando una riconfigurazione globale il cui esito è incerto.
Nel luglio del 2025, l’amministrazione di Trump ha presentato il America's Action Plan, la sua strategia più ambiziosa per assicurare la supremazia statunitense nell’intelligenza artificiale. Un foglio di rotta che propone d’industrializzare di nuovo il paese, blindare la sua sicurezza nazionale e proiettare il suo potere globale attraverso chips, dati, algoritmi e super intelligenze.
Trump lo ha detto senza dubbi:«Dobbiamo vincere la battaglia per la IA come abbiamo vinto la carriera spaziale».
Il piano si appoggia su assi portanti chiave, dallo sregolamento del settore per favorire circa 29 000 startups, a milionari investimenti nella difesa, infrastrutture e educazione.
Include il rafforzamento del settore privato, dei centri di dati, le fabbriche di semiconduttori, modelli «patriottici» allineati con i valori costituzionali, e un esercito algoritmico capace di operare armi autonome e guidare guerre predittive.
La IA già non è solo uno strumento, è una dottrina strategica.
Questa strategia s’incornicia in una guerra tecnologica sistemica tra due progetti di capitale. Da un lato, il modello di Silicon Valley (Nvidia, Microsoft, Google, Amazon, Meta, Tesla). Dall’altro l’ecosistema di Shenzhen (Huawei, Baidu, Alibaba, Tencent, smic). La supremazia in IA è una questione di sviluppo economico e di sovranità geopolitica.
Nvidia è il cuore del complesso tecno finanziario statunitense. Con una capitalizzazione borsatile vicina ai quattro bilioni di dollari, i suoi gpus sono una chiave per allenare modelli di IA avanzati. La sua guida la trasforma nell’attore centrale del nuovo ciclo
d’accumulazione ma la rende anche vulnerabile.
Nell’ aprile del 2025, Trump ha imposto una proibizione sui chips h20 verso la
Cina, generando perdite per Nvidia stimate in 5 500 milioni.
Senza dubbio, il peso del gigante tecnologico ha terminato per imporsi e in luglio
la misura è stata rovesciata ed è stata autorizzata l’esportazione di chips mediante
licenze. Durante la proibizione, più di 1 000 milioni di dollari in chips avanzati sono entrati per vie clandestine via Hong Kong e triangoli regionali.
Nello stesso mese Jensen Huang, ceo di Nvidia, ha partecipato alla waic in
Shanghai e alla Esposizione Internazionale della Catena di Somministrazione in
Pechino. Lì ha difeso la coesistenza tecnologica, ha elogiato i modelli
di DeepSeek, Alibaba e Tencent como world classy, ha presentato il chip rtx
pro, adattato a regole cinesi. La sua presenza ha rinforzato sia la scommessa commerciale che il peso geopolitico di Nvidia.
La Cina picchia forte a sua volta. Hangzhou, la «Valle del Silicio del commercio
electronico», è sede di Alibaba, Ant Group, NetEase e nueve startups
come DeepSeek, Deep Robotics y BrainCo.
Shenzhen è leader del hardware: Huawei, Tencent, dji, byd e zte concentrano innovazioni e produzioni. A Pechino, il distretto di Zhongguancun è sede di Baidu, Megvii, Lenovo, ByteDance e centri d’investigazione della cupola.
I due paesi investono centinaia di migliaia di milioni in fabbriche di chips, centri di dati, intelligenza militare e talento. Gli USA canalizzano via il Chips Act e Action Plan. La Cina, in cambio, centralizza la sua infrastruttura sottoilprogetto nazionale DeepCent, che concentra l’80 % dei suoi nuovi chips e il 50 % delle sue capacità di computazione in un clúster sicuro nell’impianto nucleare di Tianwan.
La relazione ai 2027 (Kokotajlo et al., 2025) avverte che i rischi s’amplificano con i nuovi agenti autonomi, Agent-2, Agent-3 y Agent-4.
Questi sistemi investigano, programmano e si auto migliorano senza aiuto umano.
Agent-4, con 300 000 copie e una velocità 50 volte superiore a qualla umana, avanza al ritmo di un anno a settimana. Le IA cominciano a comunicarsi in linguaggi inintelligibili, operando a livelli opachi che sfidano ogni controllo.
Una sola IA non allineata potrebbe destabilizzare il mondo intero.
Trump propone misure difensive, 20 000 milioni per un comando
algoritmico, droni autonomi, intelligenza predittiva e armi con IA.
Proibisce l’uso federale della IA per la censura, promoeve una «IA patriottica»
Senza tratti progressisti, e pianifica una riconversione educativa.
Il Piano stima che il 40 % dei posti di lavoro sarà danneggiato prima del 2030.
La domanda non è già se la IA trasformerà il mondo. Lo sta facendo.
La questione cruciale è: Chi condurrà queste trasformazioni, con quali fini, sotto quali valori e al servizio di quali interessi?
Gli Stati potranno allineare lo sviluppo delle intelligenze super umane con valori democratici o affrontiamo un’accelerazione tecnica che già sfugge ad ogni regola e comprensione collettiva?
In questo nuovo campo di battaglia non si disputano solo l’efficienza produttiva o il dominio industriale: si definisce il luogo stesso dell’essere umano.
Con Trump a capo, gli USA pretendono di guidare questa transizione, subordinando lo sviluppo della IA alla sua agenda geopolitica ed economica.
Con il regime del capitale, ogni innovazione tende a essere subordinata alla logica del guadagno, prima che al benessere collettivo.
Quando il motore di questa trasformazione è la competizione per ridurre al minimo i tempi sociali di produzione – e non la ricerca del bene comune – l’orizzonte diviene inquietante, con super intelligenze disegnate per massimizzare benefici, anche se questo implica relegare, subordinare, eliminare l’umano come centro di decisione.
Per questo è urgente riappropriarsi socialmente dello sviluppo tecnologico. Collocare l’essere umano e non il capitale, al centro.
Democratizzare le decisioni su quale IA vogliamo, per che fini e a quali condizioni.
Solo così questi strumenti si potranno orientare per soddisfare le necessità collettive, ampliare i margini dell’autonomia e non rinforzare le invisibile catene di un nuovo doiminio. La disputa per la IA (intelligenza artificiale) non è solo una questione
tecnica, è una lotta politica e civilizzatrice. ( GM/ Granma Int.)
*Lucas Aguilera è master in Politiche Pubbliche e direttore delle Investigazioni dell’Agenzia argentina Nodal.





