OFFICIAL VOICE OF THE COMMUNIST PARTY OF CUBA CENTRAL COMMITTEE
Photo: Jorge

Il mandatario statunitense Donald Trump, che vuole essere protagonista della storia moderna e agire come un presidente «pacificatore», ha realizzato gran parte del suo desiderio: avvicinare il mondo intero. Ma non contava sul fatto che l’avvicinamento è contro di lui.
La sua amministrazione, con un chiaro messaggio di «prima i miei denti e poi i parenti», ha dimostrato nella sua politica di guerra con le imposte che omette tutto quello che è relazionato con la lealtà a paesi che sono stati suoi alleati, sia economici che militari.
L’inizio di quello che Trump ha battezzato come «il giorno della liberazione degli USA» ha spinto varie nazioni ad applicare  misure e riprendere vecchie alleanze per mitigare gli effetti dei gravami.
I governi del Messico e del Canadà hanno deciso di rilanciare il cattivo gioco del vicino con imposte, dato che il capo della Casa Bianca non ha rispettato nemmeno il Trattato di Libero Mercato tra le tre nazioni.
L’Unione Europea (UE) a sua volta non si è piegata di fronte alle minacce. Molti dei paesi che ne fanno parte hanno promesso di rispondere alle nuove imposizioni statunitensi, ha informato Russia Today.
In Asia le tre potenze del continente si sono alleate: Cina, Giappone e Corea del sud si sono riunite, alla fine della scorsa settimana, per la prima volta in cinque anni.
La narrativa ufficiale punta a una semplice cooperazione per rinforzare le catene dei prodotti con il Giappone e la Corea del Sud e la Cina è interessata ai prodotti d’alta tecnologia come i chips dei suoi vicini.
Indubbiamente questo incontro sembra nascondere una motivazione più profonda: la necessità di proteggersi dalle tasse imposte da Washington.
L’accordo promette di affrontarla «da un terreno globale che permetta un ambiente di commercio e investimento liberi, aperti, giusti e non discriminatori, trasparenti,  inclusivi e prevedibili, così come si legge nel comunicato derivato dalla riunione.
Si vuole creare un ambiente prevedibile di affari e investimenti, così come il rafforzamento delle catene di rifornimenti.
Vari analista parlano della nascita di un blocco commerciale con una chiara intenzione
strategica: sfidare il dominio statunitense nella regione che inoltre potrebbe segnare il  fine del multilateralismo dando il passo a un’era di regionalismi economici.
La realtà è che le politiche delle imposte di Washington stanno stimolando le tre potenze asiatiche, che secondo i dati del  Banco Mondiale rappresentano approssimatamente un quarto dell’economia del mondo– a cercare un’alternativa al modello del commercio globale guidato dagli Stati Uniti.
Intanto, il 60 % degli  statunitensi mostrano  scontento con la gestione di Trump in politica estera  e un 58 % in materia economica.
Lo ha rivelato un’inchiesta  realizzata dalla Associazione Press, al centro
dell’Investigazione sui Temi Pubblici, sottolineando la crescente impopolarità della sua messa a fuoco  protezionista. ( GM/ Granma Int.)