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Il cartello di terrorista è stato un pretesto perfetto per far sì che Washington spargesse la morte in Afganistan, Iraq e Siria. Photo: AFP

La recente designazione di terrorista espressa dall’amministrazione statunitense, fatta a organizzazioni  di narcotrafficanti come il Tren de Aragua, Mara Salvatrucha, il cartello di Sinaloa, quello di Jalisco Nueva Generación, Carteles Unidos, quello del del Nordest, quello del Golfo e la Nueva Familia Michoacana, viene accompagnata, come stratagemma alla fine, dall’argomentazione che «minacciano la sicurezza nazionale del paese».
Questo unito a «fare grande l’America di nuovo» –la credenziale del presidente Donald Trump– si somma al congiunto delle manovre che accendono allarmi nel mondo.
Le amministrazioni statunitensi hanno saputo trarre partito da ogni denominazione che gli passa per la mente e l’etichetta di «terroristi» la utilizzano come mezzo di coercizione politica e giustificazione per una guerra o un intervento.
Quando il Dipartimento di Stato degli USA designa Organizzazioni Terroriste Straniere (FTO), e individui come Terroristi Globali Specialmente Designati  (SDGT), attiva il suo protocollo d’imposizione di severe sanzioni, includendo la congelazione di attivi, la proibizione di viaggiare negli Stati Uniti e la criminalizzazione dell’appoggio materiale a questi enti, secondo il sito web di questa entità governativa.
Lo abbiamo già vissuto nel passato.
Il «cartellino» di terrorismo si unisce a un infinito numero di pretesti artificiali che si sono articolati per far sì che Washington spargesse la morte in Afganistan, Iraq, Siria, e in altri paesi.
«Anche se  legalmente questo non attiva necessariamente un’invasione o strumenti di guerra per combatterli, sì dà loro una cornice narrativa e politica che avvicina di più questa possibilità, che potrebbero sviluppare «con o senza questa designazione dei cartelli come terroristi,  che è una questione meno legale e più di decisione politica di forza».
Il messicano  Carlos Matienzo, direttore di DataInt e esperto in Sicurezza citato da France 24, lo ha spiegato così.
Per la Casa Bianca, questa denominazione dà la «via libera» per agire con le sue proprie leggi senza che importi passare al di sopra del diritto internazionale, alla sovranità di qualsiasi paese.
La usano come un capriccio, così come scrisse il militare e filosofo tedesco  Carl von Clausewitz, nel suo libro “De la guerra”.
Il conflitto lo utilizzano non semplicemente come «un’azione politica, ma come un vero strumento politico», filosofia  che sembra sia la bibbia dell’imperialismo.
Per questo non è mancata la risposta della presidente messicana, Claudia Sheinbaum, a tale denominazione, che ha chiarito nella maniera abituale che non è stata consultata con il suo Governo e che «è una violazione alla nostra sovranità».
La storia è testimone delle ansie d’espansione della Casa Bianca e dei suoi metodi per svilupparsi. Si deve solo ripassare quello che è avvenuto per non doverlo rivivere. (GM/ Granma Int.)