OFFICIAL VOICE OF THE COMMUNIST PARTY OF CUBA CENTRAL COMMITTEE
Illustrazione : Mohammad Sabaaneh. 

Da lontano sembra un piccolo punto. Non deve superare il metro di statura . Porta un cappotto pesante, un berretto, e si nota che cammina con fatica. La nonna porta tutta la stanchezza del mondo sulle spalle e lo tiene per mano. Immagino l’angoscia di viaggiare in treno verso un futuro incerto, schiacciati uno contro l’altro come si trattasse di un gruppo di bovini avviati verso il macello.

Il mondo lo ha tradito: a quest’ora dovrebbe stare in casa sua, circondato da giocattoli, con risate di quelle che illuminano il volto. Ma sono state poche le opportunità incontrate nel suo effimero passaggio per la vita.

Di loro è rimasta solo una foto che ricorda uno dei momenti più atroci della storia dell’umanità. O meglio della storia, e basta così, perchè c’è poco di umano quando si palpa la barbarie.

Quale sapà stato il suo ultimo pensiero? L’innocenza dei bambini è tanto pura che mia figlia di tre anni crede totalmente che le nasceranno le ali se mangia tutta la cena.

Chissà, lui forse non ha mai avuto la certezza del suo fatidico destino.

Chissà, forse ha camminato per questa terra secca alimentato dalla sua fantasia, mosso dal candore, accecato dall’ingenuità, questa specie d’elisir per rendere meno duro l’insopportabile.

Sua nonna quasi non si può muovere. Ha la schiena piegata dagli anni. Porta un fazzoletto sulla testa e l’accompagnano altri due piccoli. I suoi nipoti, vestiti con roba che sembra lacera, la seguono. Non si riesce a vedere il loro volto, ma la testa di uno di loro, inclinata verso il basso denota la pena profonda.

Li immagino nudi nello spogliatoio. Le ansie per fare il loro primo bagno dopo un percorso lungo e scomodo.

Immagino i loro occhi aperti, la disperazione, la necessità di respirare, le mani poste alla gola, l’angoscia, l’orrore, la morte.

Circa 2500 persone potevano morire all’unisono in ogni camera.

Come si trattasse di un’infornata di paste. Come se i 5 000 occhi aperti di fronte allo spavento non fossero una scena tanto brutale come per togliere d’un colpo la respirazione, la fede nel lato buono della gente.

Allora i corpi inerti come pezzi di carne si ammucchiavano in una pila grottesca, diabolica, indescrivibile e il fuoco li divorava con fame insaziabile per rimandare al cielo un fumo bianco , come, se si trattasse delle sue anime.

Sicuramente ha molto sofferto. Di lui resta solo una foto in bianco e nero sotto una breve spiegazione: «una nonna e i suoi nipoti marciano senza saperlo verso la camera a gas durante l’arrivo degli ebrei ungheresi al campo di Auschwitz, tra maggio e giugno del 1944».

Ottant’anni dopo altre foto fanno rabbrividire. Un’immagine a colori mostra un padre che cerca assieme ai figli un luogo sicuro fuori da Gaza.

I 25 000 morti in poco più di cento giorni dall’inizio del conflitto con Israele –che ironia!–, li portano a cercare una forma per scappare da una Striscia colpita dalla guerra.

Anche loro camminano verso un futuro incerto. Anche il mondo li ha traditi. Anche questi piccoli dovrebbero avere un sorriso sul volto e dormire una siesta senza la paura delle bombe.

Mentre i sionisti giustificano la scalata della violenza, gli ebrei giusti hanno detto:«Non in nostro nome».

Ogni anno il 27 gennaio, giorno in cui le truppe sovietiche portarono la speranza e la libertà al campo di concentramento di

Auschwitz-Birkenau, si ricorda la memoria della vittime dell’Olocausto.

La storia, piena di sorprendenti parallelismi, offre profondi insegnamenti. L’umanità deve mantenere la sua promessa.

La Palestina soffre, non possiamo permettere la barbarie, mai più.

(GM/Granma Int.)