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Mafalda. Foto: Illustrazione presa dalla pagina di Facebook Letteratura e Psicoanalisi.

Dicono che quando cominciò ad avere dei problemi alla vista e i suoi occhi non funzionarono più, il decoro gli fece abbandonare il disegno, e che, con assoluta fedeltà alla sua Mafalda seppe riprodurre i suoi tratti perché fosse sempre  la bambina simpaticamente irriverente, la spazzina  delle bruttezze, giunta al mondo dell’ immagine dall’Argentina alla metà degli anni ’60.

Si dice anche che è morto il più famoso dei disegnatori di fumetti tra gli ispano-americani , Joaquín Salvador Lavado, Quino, a 88 anni per un problema cardio vascolare.

È la verità. La morte dell’indimenticabile artista è stata un titolo in tutti i media del mondo; nelle reti sociali si condividono immagini e testi allusivi al creatore e alla sua opera, con radici sagge ed educative, dove il sogno di costruire un mondo fortunato appare come motivo ispiratore.

Nell’account di  Twitter di Daniel Divinsky, il  suo storico editore e amico, socio fondatore delle Ediciones de la Flor, si legge : «È morto Quino. Tutta la gente buona nel paese e nel mondo, lo piangerà »,  ed è esattamente così; la sua Mafalda con il suo senso comune, si cola nel nostro e così come ci fa ridere ravviva la coscienza e muove il desiderio che il suo ragionamento si moltiplichi e spazzi via d’un colpo tanta ingiustizia ripartita.

Anche se creò altri personaggi , è questa bambina, una vera combattente sociale, la più autentica delle sue creazioni ed è stata tradotta in 30 lingue.

A lei, «presentata» in società il 29 settembre del 1964, nella rivista Primera Plana,  Quino deve la celebrità che lo circonderà nonostante la sua dipartita.

Così come lo si conosce, con questo personaggio ,Quino ha modernizzato l’umorismo argentino e anche se non fu un successo sin dalle prime pubblicazioni, quando poi apparve nel quotidiano  El Mundo ricevette l’approvazione dei lettori.
Poi  Ediciones de la Flor – che deve molto a Quino– divenne la via d’uscita.

«Il suo successo duraturo  è una cosa che non riesco a capire»,  ha detto Quino nel 2014 ricevendo il Premio  Principe delle Asturie in Comunicazioni e Umanità, e colpisce l’umiltà di quest’uomo che, come rivelò voleva essere Picasso, «ma mi sono reso conto che non sarei arrivato ad essere Picasso».

Chi lo ha conosciuto dalla stampa di Mafalda sa a cosa si deve tanta gloria:

«L’ideale sarebbe avere il cuore nella testa e il cervello nel petto. Così si penserebbe con amore e si amerebbe con saggezza», assicura Mafalda in una delle sue vignette più espressive, che si è resa eterna davanti  a noi, garantendo  al posterità per suo padre.  (GM – Granma Int.)