
Un uomo è molto più che pelle e ossa, molto più che un ammasso di nervi e tendini, come dice l’iconica canzone di Silvio.
Un uomo è in essenza i valori che possiede, i principi che l’accompagnano, gli atteggiamenti che assume di fronte agli impegni del tempo in cui gli tocca vivere.
Dipendendo da queste imprescindibili componenti della natura umana si formano queste bande definite dall’Apostolo con tanta chiarezza alle quali ci uniamo per libera e spontanea decisione.
Come quasi tutto l’importante e immortale della vita, il più difficile è il lato corretto. Per odiare e distruggere basta i lmero desiderio di farlo, ma per costruire e amare ci vogliono molta dedizione, volontà e decisione, e non sono pochi quelli che si perdono nel cammino, si lasciano trascinare dalle correnti dell’immobilismo e della superficialità .
Ma ci sono uomini con un’energia tale che non decadono mai nei loro impegni di spingere le grandi opere, con eccezionale capacità di non fermarsi di fronte a niente e non permettono che coloro che gli stanno a lato si fermino; questi che con rispetto decidiamo di chiamare leaders e a volte sono leaders, eroi e brillanti maestri di quello che si può insegnare solo con l’esempio.
Era uno di questi uomini, quello dall’indimenticabile e caldo sorriso, coi capelli neri, con giustizia e valore ineguagliabili, quello che quell’ottobre ha strappato in forma brutale, senza commiato, né abbracci, nè consolazione; quello che nel momento esatto e sconosciuto dell’addio era già popolo e non ha mai smesso d’esserlo.
A una tremano le mani per scrivere di Camilo, per il timore che nessuna delle parole, anche se dettate dal più profondo sentimento, rivelino la statura alla quale solo certi uomini, molto ben scelti dalla storia, possono raggiungere.
In quel comandante dallo spirito ribelle e verde ulivo, di scarse ambizioni al di là di una Cuba libera e degna, c’erano tempra, fedeltà e trasparenza.
Quanta epopea circonda la sua figura, quanti aneddoti preziosi l’accompagnano e quanta ammirazione sincera l’avvolge e non è casuale.
Se si chiede alla storia, darà senza tanti complimenti le più assolute ragioni, parlerà dello yacht Granma, del guerrigliero che crebbe combattimento dopo combattimenti sino a diventare Comandante per meriti propri.
Che immenso capo militare, eccezionale combattente, incomparabile stratega. Quanto immenso lo vedemmo in quell’invasione in occidente fermata nel centro del paese dal trionfo definitivo, come fosse predeterminato ad essere per sempre l’Eroe di Yaguajay.
La storia parlerà dell’uomo che fece crollare con le mani le mura della fortezza di Columbia e racconterà orgogliosa della Carovana della Libertà.
Ma la storia dirà anche che non furono nè le vittorie né le ferite in combattimento, nè la fierezza e l’intelligenza per affrontare il nemico, nè i gradi militari, le ragioni che lo strasformarono nel signore dell’Avanguardia.
Fu l’umiltà della sua figura, il suo impegno con la Patria e il suo futuro, l’accompagnamento a Fidel, l’amicizia ineguagliabile che forgiò con il Che, il suo rispetto per ognuno degli uomini sotto il suo comando, e quella domanda che risuona ancora e alla quale il corso della Rivoluzione ha risposto:Vado bene, Camilo?
Fu uno di quelli ai quali la durezza dei tempi non rubò mai la tenerezza e la sensibilità umana che mostrò ad ogni passo e lo avvicinò alla gente più semplice, che lo abbracciò nei propri cuori come la terra abbraccia l’albero.
Saperlo amato e ammirato da tanti non lo fece mai vantare e continuò ad essere come sempre, con i suoi infiniti meriti e le sue innumerevoli responsabilità, la stessa persona di culla e anima umile.
Scherzoso e festaiolo, è certo, questo lo fece più umano senza mai appannare la serietà, il senso del dovere e la responsabilità illimitata con cui fece fronte a ogni impegno che la Rivoluzione pose nelle sue mani con una fiducia somigliante a quella di un padre che consegna il suo legato nelle mani dei suoi figli.
Senza saperlo lui lo fece, ma i suoi figli sono milioni e il suo legato, è immortale ed eterno, perché ogni volta che leggiamo o ascoltiamo di lui, lo scopriamo di nuovo e lo ammiriamo un pò di più.
È molto tempo che questo popolo ha deciso che i suoi eroi hanno superato i limiti di una lezione di storia, rompessero l’immobile solennità di una fotogafia, sfidassero il tempo abitando nella memoria.
Questa convinzione irrinunciabile li ha posti tutti, includendo Camilo, proprio al nostro fianco nei momenti più difficili, battagliando gomito a gomito per la difesa di quest’opera che ha le idee come scudo e la storia e l’unità come standard.
Questo è un ottobre di momenti cruciali. E il maggior omaggio che possiamo fare a uno come lui è stare dritti in piedi, resistere e avanzar, superarci, unirci e sognare sempre con il futuro, perché lo crediamo e sappiamo che è possibile.
C’è stato molto eroismo in questi tempi. Sarebbe orgoglioso del suo popolo, perché ogni tempo ha i suoi eroi e ognuno è a suo modo continuatore di quelli che l’hanno preceduto. Nuovi nomi sono ascesi all’altare supremo della Patria, senza proporselo, senza cercare alcuna gloria, così come lui non pretese mai, ma sono un’altra prova che questo popolo condivide qualcosa di più di un paese, qualcosa di più dei sogni, qualcosa di più della quotidianità: condivide il senso del dovere e della giustizia.
Come ogni 28 ottobre, cantiamo la vita di Camilo, invece di piangere la sua morte, ed è il canto grato di coloro che si sentono orgogliosi di seguirlo, e scelgono oggi quel cammino tracciato a base d’eroismo, che segue il suo corso alla pari della resistenza di questa Rivoluzione. (GM – Granma Int.)