OFFICIAL VOICE OF THE COMMUNIST PARTY OF CUBA CENTRAL COMMITTEE
Photo: Jose M. Correa

Cari scrittori, artisti e creatori,

Compagne e compagni della Presidenza,

Ministri e viceministri presenti:

prima di tutto ricevete il caloroso saluto del Generale d’Esercito, del quale sono portatore.

È terminato il vostro IX Congresso. Non parlo di questi giorni di analisi e di dibattito nel Palazzo delle Convenzioni, ma dei lunghi mesi di scambi e apporti dalle basi. Quanta intelligenza e talenti, quanto si apprende da voi!

È un processo che abbiamo seguito da vicino con frequenti incontri con la Commissione organizzatrice, cerando di approssimare nel possibile delle soluzioni per le insoddisfazioni più generali, confermando ancora una volta il valore di approfondire la straordinaria sorgente creativa del popolo cubano. Lì ci aspetta sempre la verità. Permettetemi di sentirmi uno di voi: nell’insoddisfazione e anche nell’impegno io sono un appassionato dell’arte e della cultura nelle sue più diverse espressioni di Cuba o universali.

I temi che sono stati trattati qui sono pane quotidiano nella nostra famiglia e tra gli amici. Per la professione dei miei tre figli e di mia moglie, la cultura entra nelle nostre vite in maniera quasi permanente.

Per l’imperiosa necessità dello spirito non sapremmo vivere senza accedere alle arti.

L’emozione più profonda, con la gloria patria, la provoca costantemente il contatto con la creazione artistica. Personalmente non posso separare il senso di appagamento e anche di felicità di un godimento estetico determinato. E se è cultura cubana, il piacere si moltiplica.

Quello che voglio dirvi è che in questi mesi, questi giorni e queste ore, più di una volta ci siamo sentiti tra di voi, condividendo quello che esprimete e l’impegno con il quale operate.

E per quello che dicono e quello che fanno, so che molti tra voi qualche volta forse si sono sentiti al nostro posto, sfidando a dare continuità a un processo storico unico, con una forza e una portata universali e una guida paragonabile solo alla grandezza della stessa Rivoluzione, un fatto culturale superiore che ha trasformato dalla radice una piccola e ritardata nazione in un’indiscutibile potenza mondiale, non per le sue risorse materiali. ma per le sue risorse umane e sentimentali.

Noi quando guardiamo il mondo e ripassiamo la storia possiamo dire: In che miracolo di paese e in che grande popolo ci siamo trasformati! È quello che accade quando assistiamo a uno spettacolo di balletto o di danza, a concerti di musica, sia in un grande teatro che in uno dei nostri quartieri, a opere teatrali, a prime di films, d’artigianato, in gallerie, a improvvisazioni di rumba o nel scuole d’arte.

Photo: Jose M. Correa

Un paese bloccato da sei decenni, perseguitato con cattiveria e crudeltà persino nella gestione dei medicinali per bambini, aggredito mediaticamente dai mezzi di stampa più influenti del pianeta, non si è accontentato di resistere e sopravvivere. Come ho detto già una volta : «Siamo una Rivoluzione che può sostenere d’essere stata raccontata e cantata dalle sue origini con il talento e l’originalità dei suoi artisti e dei suoi creatori, interpreti genuini della sapienza popolare e anche delle insoddisfazioni e le speranze dell’anima cubana».

«E continuerà così. Intellettuali, artisti, giornalisti, creatori ci accompagneranno sempre nell’impegno di questo arcipelago che la Rivoluzione ha posto nella mappa politica del mondo, perchè continui ad essere riconosciuto anche per il suo singolare modo di lottare cantando, ballando, ridendo e vincendo»

Chissà, forse non abbiamo ancora imparato, e in alcuni casi abbiamo dimenticato, di raccontare questa meraviglia, ma nessuno può già toglierci l’orgoglio d’essere una nazione da rispettare grazie a una Rivoluzione che ha posto al centro l’essere umano.

È qualcosa che la nostra generazione deve ai fondatori prima di tutto, da Céspedes a Martí. Ai creatori che continuarono le loro lotte e fondamentalmente a Fidel, l’indiscutibile intellettuale e guida della generazione storica che con la consegna delle terre e delle fabbriche a coloro che vi lavoravano, alfabetizzò il popolo, rese universale l’insegnamento, crepò poderose istituzioni culturali e nei momenti più difficili ci insegnò che “la cultura è la prima casa che va salvata”.

Perchè Fidel insisteva su quest’idea, che ha ripetuto tante volte? Voi lo sapete sicuramente, ma vale la pena ricordarlo: “Perchè non c’è prua che tagli una nube d’idee”, direbbe Martí.

Photo: Jose M. Correa

E Fidel seppe avvertire il rischio di perdere la nostra maggior forza: l’unità, l’identità, la cultura, con la con la valanga colonizzatrice che avanzava nei tempi della globalizzazione, l’accesso di massa alle nuove tecnologie, promosso dai mercanti moderno non per arricchire, ma per impoverire la capacità critica e il pensiero liberatore.

Cosciente che queste tecnologie di sviluppo accellerato sarebbero divenute un’arma poderosa d’educazione e moltiplicazione della conoscenza, alla quale la Rivoluzione non poteva rinunciare nè accedere con ritardo, Fidel creò l’Università di Scienze Informatiche (UCI) e parallelamente allertò la società cubana sull’importanza di salvare la cultura.

Così come prima in quelle riunioni nella Bilbioteca Nazionale dove pronunciò le sue “Parole agli Intellettuali” e poco tempo dopo nella creazione della Uneac, Fidel si rivolgeva all’avanguardia intellettuale e artistica per affrontare sfide che poteva avvertire solo un illuminato, come lo ha definito Barnet alcune volte.

Se 60 anni fa fu vinto il tentativo di fratturare l’unione viscerale tra quella avanguardia e la sua Rivoluzione, ossia la stessa e il suo popolo, più tardi molte volte negli anni, l’avversario si è impegnato inutilmente in questo. All’incrocio dei secoli la battaglia ha raggiunto quote più alte, colpendo le forze progressiste nella regione e nel mondo.

Movimenti come la Rete in Difesa dell’Umanità e i progetti culturali che fiorirono per tutto il paese, dimostrarono la straordinaria forza dell’avanguardia per alimentare e sostenere la spiritualità della nazione.

Dalla Uneac fondata da Nicolás Guillén e altri cubani e cubane universali, emerse l’impegno eterno con il destino della cultura nazionale che si è affermato in questi giorni.

Ed è tremendo vedere la continuità di quest’opera in un’organizzazione diretta sino ad oggi da uno dei più giovani delegati di 58 anni fa : il poeta, saggista, etnologo, intellettuale, insomma Miguel Barnet.

Qui si è parlato molte volte delle “Parole agli Intellettuali”. Non posso concepire un artista, un intellettuale, un creatore cubano che non conosca quel discorso che marcò la politica culturale in Rivoluzione. Non m’immagino nessun dirigente politico, nessun funzionario o dirigente della Cultura che prescinda dalle sue definizioni di principio per portare avanti le sue responsabilità.

Photo: Jose M. Correa

ma m ha sempre preoccupato che da quelle “Parole…” si estraggano un paio di frasi e si sventolino come consegne.

Il nostro dovere è leggerlo coscienti che si tratta di un documento per tutti tempi, per i principi che stabilisce, per la politica culturale e che esige anche un’interpretazione contestualizzata.

Chiaramente Fidel pose un punto di partenza: la relazione tra la Rivoluzione, l’avanguardia intellettuale e artistica e il popolo.

Allora non era tanto chiaro per tutti, come per Fidel,quello che artisti e intellettuali avrebbero compreso nello sviluppo della sua opera: che la Rivoluzione erano loro, era le loro opere ed era il popolo.

Per questo risulta una riduzione limitarsi a citare la sua frase fondamentale: «Dentro la Rivoluzione tutto, contro la Rivoluzione niente», sostenendo che la Rivoluzione è più che uno Stato, più che un Partito, più che un governo, perchè Rivoluzione siamo tutti quelli che la facciamo possibile in vita e con l’operato.

Photo: Juvenal Balán

E sarebbe anche una contraddizione con l’originalità e la forza di questo testo pretendere che si regoli in forma unica e inamovibile la politica culturale della Rivoluzione. Questo sarebbe tagliare le ali al suo volo fondatore e al suo spirito di convocazione.

Oggi abbiamo il dovere di portare i suoi concetti ai nostri giorni e difendere la sua indiscutibile vigenza, valutando il momento che viviamo, i nostri scenari, le piattaforme neocolonizzatrici e banalizzatrici che cercano d’imporci e le necessità, ma anche le possibilità che con gli anni e i passi tecnologici si sono aperte.

Far crescere e rinforzare la politica culturale che non è stata scritta dopo le Parole … e darle contenuti che i tempi attuali ci esigono.

Dobbiamo fare letture nuove e che si arricchiscano con quelle parole.

Voi avete fatto abbastanza. Come abbiamo apprezzato avete lavorato e avanzato meglio lì dove i più coordinati hanno agito con altre forze intellettuali come quelle che creano dalle università e altri centri d’investigazione delle scienze sociali e umanistiche.

Evidentemente, ci sono più e migliori risultati dove la creazione si appoggia ai nuovi supporti tecnologici che facilitano il lavoro.

Alcuni giorni fa, condividendo con la Commissione Organizzatrice, ho commentato uno dei temi che generano più discussioni negli eventi della Uneac: la relazione con il turismo e un altro tema attuale che è la politica culturale negli spazi dell’economia statale e dei privati.

Oggi voglio reiterare che abbiamo, dall’amministrazione,il dovere d’essere coerenti. Non c’è una politica culturale per il settore statale e un’altra per il settore privato.

Nei due settori si deve promuovere, difendere, dare spazio a coloro che fanno una vera arte. E nel caso specifico del turismo io ho insistito che la cultura è un anello fondamentale nei vincoli produttivi che ci interessa promuovere Ma difendo soprattutto

che il turismo non solo porti gli artisti nelle sue installazioni, ma propizieremo un’intensa attività culturale in tutte le nostre città e zone turistiche che, arricchendo la vita culturale del popolo, attraggano e conquistino il visitatore.

Si dev’essere autentici e smettere di vendere “shows in lattina”, prodotti di pseudo cultura che rispondono più alle entrate che all’orgoglio di mostrare chi siamo realmente.

Cuba è una potenza culturale e oggi il turismo essendo com’è un’attività economica che tuttavia apporta ogni giorno al Bilancio, in verita apporta molto meno di quello che potrebbe sei turisti andassero a consumare beni e servizi non solo culturali ma soprattutto culturali. (Applausi).

A proposito, il sistema delle scuole d’arte ha una fonte di entrate per esportazioni dei servizi insufficientemente sfruttata nella generazione dei corsi in aeree dell’insegnamento artistico, nel quali siamo davvero forti e dove dobbiamo stabilire modalità e prezzi coerenti con il livello dell’accademia cubana.

In questa stessa linea di pensiero alla Uneac corrisponde essere una specie d’elettrodo mobilizzante delle forze e delle azioni per la proiezione internazionale delle nostre industrie culturali. Non dimenticare che quando tutte le porte si chiusero per Cuba, per la sua osata pretesa di sovranità e libertà, anche nell’impero si apersero almeno del finestrelle da dove entrarono la musica, le belle arti, il balletto, la danza, il teatro e altre manifestazioni culturali.

I ponti che la cultura cubana ha aperto, appoggiata da fedeli amici in tanti anni di nessuna o di scarse relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti, ci hanno permesso di sostenere vivo uno scambio tra i nostri popoli, con tanta forza che l’attuale amministrazione statunitense si è proposta di chiuderlo definitivamente.

Ma anche verso l’Europa, Asia e Africa gli intellettuali e gli artisti hanno operato come ambasciate culturali, hanno aperto porte e favorito intese che potrebbero essere più difficili e persino impossibili senza di loro.

Si deve lavorare davvero molto in questo senso. E voi avete il talento, la forza e la conoscenza per farlo crescere, apportando al paese risorse imprescindibili per il suo sviluppo.

Condivido ugualmente le preoccupazioni di color che sentono che alcune istituzioni della cultura sono restate indietro dai creatori.

È inaccettabile che non si comprenda che tutte le istituzioni culturali esistono per i creatori e le loro opere (esclamazioni e applausi), non al contrario e che il burocratismo e la mancanza di professionalità affogano la creazione.

Nella lotta contro questi mulini a vento, tanto antichi quanto dannosi, vediamo il ruolo fondamentale della Uneac.

Dobbiamo rendere più attiva l’organizzazione nella sua base: indagare che missioni compie ogni base in funzione di coloro che rappresentano e in che ambito di discussione guidano.

Da quali posizioni?  Con quali incarichi?

Ugualmente vedo la Uneac battagliare per riscattare ed elevare il ruolo della critica culturale. La siccità di analisi serie e con buone fondamenta sui valori reali delle opere e degli spazi culturali, tolgono gli stimoli ai creatori e privano i pubblici, soprattutto i più giovani, di criteri orientatori che stabiliscano le gerarchie artistiche a tempo.

È un fatto incontestabile che i creatori cubani residenti nel paese hanno opere capaci di stare al fianco del meglio creato dai loro contemporanei che lavorano e vivono in nazioni del Primo Mondo, in condizioni materiali e con incentivi molto superiori a volte, che hanno permesso di accedere a mercati esigenti.

Perchè da Cuba non riusciamo a inserire, diffondere, esportare le opere di coloro che lavorano nel paese e in cambio facciamo la promozione e replichiamo quello che il mercato ha già timbrato e ci restituisce avvolto nelle sue regole?

(Esclamazioni e applausi prolungati)  Che cosa necessitano le nostre istituzioni per far fiorire le nostre più autentiche creazioni culturali?

Si sente molto la critica - sulla quale è importante che operino le organizzazioni degli artisti- che il sistema delle imprese e le dette industrie culturali, con relazione alla creazione artistica in quanto alla produzione, promozione e commercio sono restate indietro.

La cultura può e deve apportare al Prodotto Interno Lordo del paese e per questo esistono le sue imprese.

Sono molte le insoddisfazioni degli artisti e dei creatori che devono gestire assolutamente tutto per diffondere o promozionare il loro lavoro, mentre coloro dovrebbero avere la responsabilità di farlo esercitano una sorta di parassitismo dell’inattività. (Esclamazioni e applausi prolungati).

Gli artisti hanno il dovere di pagare le loro imposte, ma non dovrebbero dover sostenere le imprese se queste non hanno avuto niente a che fare con i contratti di lavoro, con la loro promozione nè con la protezione giuridica. (Esclamazioni e applausi prolungati).

È un segreto che circola che questo parassitismo favorisce la corruzione (Esclamazioni e applausi), maschera la mancanza del compimento della funzione di rappresentazione e gestione delle opportunità per il creatore e la sua opera. È inutile e ingannatore che lo scarso denaro di cui il paese dispone viene riciclato tra le entità senza nessun effetto nell’economia reale.

(Esclamazioni e applausi).

Un altro tema che nella mia modesta opinione dovrebbe suscitare azioni e reazioni tra i nostri creatori raggruppati nella Uneac, hanno a che vedere con quello che alcuni chiamano “mercenari culturali”,

costoro disposti a linciare ogni artista e creatore che esalti la Rivoluzione o esponga le cause più dure ed anche le più nobili in cui sono impegnate le forze progressiste della nostra regione e del mondo. (Applausi).

Ricorderemo il messaggio del Generale d’Esercito Raúl Castro Ruz, in occasione del 55º anniversario della Uneac: «Oggi siamo doppiamente minacciati nel campo della cultura : dai progetti sovversivi che pretendono di dividerci e dall’ondata colonizzatrice globale. La Uneac del presente continuerà ad affrontare con valore, impegno rivoluzionario e intelligenza queste sfide complesse»

Questa piattaforma colonizzatrice promuove adora promuovere i paradigmi più neoliberali: Stato minimo, mercato sino a dove è possibile, tutto si vende e tutto si compra, il presunto unico successo dell’impresa privata; attenti a coloro che pongono prima il mercato e non la cultura; egoismo e vanità personale e non l’impegno sociale della cultura. (Esclamazioni e applausi).

È già stato denunciato che l’attuale amministrazione statunitense destina nuovi e maggiori fondi alla sovversione e che chiede a coloro che desiderano accedere a sistemazioni privilegiate dell’impero che rendano conto di quanto fanno o dicono nelle reti sociali.

Tra coloro che tacciono o per quello che dicono alcuni contro i propri compatrioti è facile riunire coloro che aspirano a guadagnarsi il penoso passaggio.

Martì li chiamerebbe apostata. Mi chiedo se qualcuno crede che servire chi ci blocca, ci attacca e ostacola il nostro sviluppo aprirà per molto tempo quella piccola porta per la quale danno accesso a quelli che rinnegano le loro radici

Non limiteremo la creazione, ma la Rivoluzione che ha resistito 60 anni perchè ha saputo difendersi, non lascerà i suoi spazi istituzionali nelle mani di coloro che servono il nemico, sia perchè denigrano qualsiasi sforzo per superare l’assedio economico e perchè si beneficiano dei fondi per distruggere la Rivoluzione (Applausi).

I limiti iniziano dove non si rispettano i simboli e i valori sacri della Patria (Applausi).

La Costituzione che abbiamo appena approvato e che si arricchirà con le sue leggi corrispondenti, ha tra le prime quella dei simboli nazionali.

Gli ingenui fanno tanto danno come i perversi. Non sono tempi per negare ideologie, nè uscire dal contesto.  E niente di tutto questo significa negare la libertà della creazione, né fare concessioni estetiche.

 Significa avere il senso del momento storico, sapere che al di là di Cuba il mondo vive ore di grande rischio e incertezza dove i poderosi vanno al di sopra delle leggi internazionali, sferrano   guerra nascosti dietro le chiamate fake news o false notizie e distruggono civiltà millenarie in nome degli interventi umanitari.

.Costruire e difendere un progetto socialista significa difendere

l’umanismo rivoluzionario.

Come nei tempi delle “Parole agli intellettuali”, la Rivoluzione insiste nel suo diritto di difendere la sua esistenza, che è anche l’esistenza di un popolo e dei suoi creatori e intellettuali.

Avrei molto di più da dirvi, ma so che ci saranno nuove opportunità per farlo.

Ci siamo proposti di realizzare incontri mensili con la direzione aperta e gruppi di creatori, assieme ai ministeri, per rivedere tutto quello in cui possiamo collaborare per strappare ogni volta un pezzo più grande ai problemi e alle difficoltà (Applausi).

Per questo contate con l’appoggio del Governo; qui sono presenti sei ministri e vice ministri degli organismi dell’Amministrazione Centrale dello Stato.

Il documento delle commissioni ci offre un menù di temi molto ampio che dobbiamo analizzate tra tutti per dare una soluzione.

Non lasciate morire il Congresso.

Lavorate per rendere realtà tutto quello che pensate possa apportare al bene della nazione e alla sua spiritualità, al futuro che ci vogliono negare quelli che non hanno potuto mai distruggerci.

Tra voi ci sentiamo a nostro agio, entusiasmati e ottimisti,coscienti che come ci insegna Raúl:  “Sí si può” quando si vuole.  E voi e noi cioè la Rivoluzione vogliamo lo stesso:

Un paese libero, indipendente e sovrano;

Fedele alla nostra storia;

Che garantisca giustizia sociale e una giusta distribuzione della ricchezza;

Con rispetto della dignità piena dell’essere umano, donna e uomo;

Con una solida identità culturale;

Dove si preservi l’accesso gratuito e universale all’educazione;

Che avanzi verso uno sviluppo economico equilibrato e sostenibile;

Prospero, inclusivo, partecipativo;

Invulnerabile militarmente, ideologicamente, socialmente ed economicamente;

Con servizi di salute gratuiti e della più alta qualità per tutti;

Solidale, generoso, umanista;

Che condanni tutte le forme di discriminazione;

Dove non prosperino mai il crimine organizzato, la tratta delle persone o il terrorismo;

Difensore dei diritti umani di tutti, non di segmenti esclusivi o privilegiati;

Libero da ogni forma di violenza, schiavitù e sfruttamento umano;

Con un esercizio esemplare della democrazia del popolo e non del potere antidemocratico del capitale;

Capace di vivere in pace e svilupparsi in armonia con la natura e curando le fonti dalle quali dipende la vita nel pianeta;

Compagne e compagni:

il nostro riconscimento va all’intenso lavoro realizzato da Barnet in questi anni alla guida della Uneac.

Felicitiamo la nuova direzione della Uneac, il suo presidente eletto, Morlote, con la certezza che comprendono che la loro missione più importante è sferrare una non conciliabile battaglia contro la mancanza di cultura e l’indecenza (Applausi), e in questo impegno i creatori dovranno essere come sempre, come chiese Fidel in “Parole agli Intellettuali”, più che spettatori, attori.

Un mondo migliore è possibile.

Questa certezza la ereditiamo da nostri genitori e abbiamo il dovere di sostenerla per i nostri figli.

Siamo Cuba!   Siamo continuità!

Patria o Muerte!

Vinceremo!

Ovazione

(Versione stenografica del Consiglio di Stato/ GM – Granma Int.)