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Foto: Dunia Álvarez Palacio

Se una sola parola bastasse per ritrattare e definire l’opera di Zaida sarebbe silvestre. Lei vive sogna e crea in una natura magica dove scorrono profonde come la sua immaginazione. le acque del Rio, che la mantengono sempre fertile, allerta, in piena vigilia giorno e notte come gli abitanti del più profondo bosco. Il suo cognome da fede a tutto questo…

Questa  realtà si sfrutta anche da sabato 19 aprile, nell’esposizione Aliento, aperta nella sala transitoria del terzo piano del Museo Nazionale delle Belle Arti (Edificio dell’ Arte Cubana, L’Avana  Vecchia), con motivo del Premio Nazionale delle Belle Arti, ottenuto nel 2023.

La mostra che riunisce  44 opere (disegni, dipinti, sculture di bronzo e cristallo di Murano),  apre, ben aperta la  potente lente artistica della creatrice, attraverso gli anni, dai suoi nel 1975, appena laureata nella  ENA, sino ad oggi. Fantasía, autenticità, immaginazione … si danno la mano in un gioco di gran fertilità, nel quale i fatti, il canto naturale, i tratti virtuosi e la sensuale vibrazione occupano i primi piani.

Per il catalogo delle risorse usate in questa vasta opera s’apprezza la permanenza della linea -infallibile risorsa  espressiva della creatrice-, più una certa costanza del  diluito, l’inchiostro ... una tecnica mista che seduce dal primo sguardo.

Il tempo è passato. Senza  dubbio , Zaida del Río —Guadalupe, Las Villas, 1954,  diplomata nella Scuola Nazionale d’ Arte nel 1974, dell’ Istituto Superiore d’Arte nel 1987, e nella Ecole des BeauxArts a Parigi nel 1989—, continua  imperterrita nel su posto,circondata d’arte scuotendosi la pelle  e «frugando» dentro per  prendere i ricordi le memorie e i sogni, forgiando le sue  creazioni  a ritmo e fuoco lenti, solcando sempre il terreno per pronti raccolti artisici che colpiscono i nostri sensi con qeusto gesto preciso la su afragile eleganza e molta decisione.

Tutto il tempo riunito  in Aliento…

Zaida è cubana. L’Isola sembra  ribellarsi nelle sue viscere creative, il monte risveglia il suo pennello-matita con gli splendori della mattina e la notte non dorme nelle sue immagini, si rotola con la natura  che ribolle nelle sue vene di donna.

Aggettivi e sinonimi —di bellezza— li accumula tra cappe e cappe di linee, macchie, gesti e alcuni colori  che si posana perché sì.

Zaida è anche poetessa. Parole e immagini s’incrociano, labbra e immagini si incrociarono una volta assieme si vedono camminare già da tempo in lettere e immagini che parlano dell’amore, dell’interno e l’esterno della nostra terra e di molto  più al di là …

 In questo universo onirico s’incrociano donne-uccello vestite di bronzo  cristallo di Murano della più recente fattura, e ci danno il benvenuto nell’anticamera  di Aliento. Dei del pantheon yoruba che si presentano imponenti  nella loro fattura su una lunga parete che  apre le porte a un santuario molto singolare; ricordi di carta di una precoce epoca artistica negli ‘80, nei quali risolve le figure con minime risorse e magiche esecuzioni dove ci lascia entrare repentinamente, il succo della natura tropicale cubana e la luce spettrale delle nostre tradizioni culturali.

Tutte queste forme sono ridotte qui a un modo di parlare per immagini d’arte nella quale ottiene un congiunto nel quale niente si scontra e dove gli accenti cromatici stabiliscono un fortunato dialogo con la linea.

Chisà per quello dell’acqua —del fiume e della pioggia — per plasmare il suo mondo,  lei ricorre alle trasparnze sotili e agili linee, ella recurra a las transparencias, finas y ágiles líneas, «bagnate» che provocano sfumature molto sottili, macchie, con con scatti gestuali e tratti spessi e molto espressivi.

 Per rendere più reali le sue creazioni, come volendo toccare la terra e la vita circostante, ossia per essere più reale, Zaida ha ampliato il suo orizzonte e incursiona in distinte manifestazioni delle belle arti.

 Il suo pennello si è arricchito. La creatrice ha cominciato a manipolare, complicare e differenziare la prospettiva adattandola alla sua particolare visione interno\esterno. Questa ha dato come risultato uno spazio smembrato nel quale la fiction del movimento è parallela alla fiction di profondità.

Nei suoi tratti, già da tempo, ha incorporato con forza il movimento.

Se la danza è stata considerata un linguaggio plastico del movimiento umano, se certe volte il teatro converte il corpo in portatore di molteplici proiezioni spaziali e oggettuali, non è sorprendente che Zayda, armada di una solida linea, prenda quello che c’è nella danza di formula plastica, nel gesto del corpo per elaborare una poetica personale che prende in qualsiasi latitudine.

 Così riunisce nella stretta cornice di un quadro visioni integrali, la fisonomia umana nuda e il paesaggio, trasformando tutto in  viva natura.  

Nella mostra c’è molto di questo. Per mezzo di forme erette per orditura, scomparsa e apparizioni della linea, Zaida del Río esprime le sue  inquietudini artistiche attraverso  questi frammenti nei quali parla della storia dell’uomo, ricrea elementi magici e si guarda un poco dentro.

«Quasi sempre mi dipingo  –mi disse molti anni fa la  spontanea creatrice-. Tutto quello che faccio è molto personale. Mi ispiro alle mie esperienze, la mia opera è un rittratto fedeel dei  cammini che ho preso in ogni momento. Per comprendere meglio il mondo mi basta lo specchio di casa mia.  Tuttavía non mi sono stancata di me stessa».

La sua opera non ha mistero e l’avesse verrebbe da questa poesia interna, intensa, che la muove e la incita, l a porta in paraggi di sogno che vede solo lei.  Zaida è la sua opera.