Divenuta dopo il Alzheimer, la seconda malattia neurodegenerativa più frequente nel mondo, e quella che registra la maggior crescita in quanto a incidenza durante gli ultimi decenni, la malattia di Parkinson ha acceso un allarme nella comunità scientifica internazionale specializzata nel tema.
Di fronte alle proiezioni che già s’intravedevano nell’allarmante tendenza alla crescita, l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) prese l’iniziativa di stabilire nel 1977 il Giorno Mondiale del Parkinson, con la finalità di creare coscienza sui severi impatti che provoca nel deterioramento della qualità di vita dei pazienti e unire conoscenze e risorse nell suo scontro.
Per commemorare la data ogni anno si scelse l’11 aprile, la data della nascita dell’illustre neurologo britannico James Parkinson, che nel 1817 fu il primo a descrivere quella che chiamò, in quell’epoca, paralisi agitante.
I sintomi fondamentali sono motori, principalmente rigidità, tremito di mani e gambe, deterioramento dell’equilibrio e la diminuzione progressiva dei movimenti di mani, braccia gambe e testa.
In tappe avanzate, le persone già non possono controllarla in maniera volontaria.
Tutto questo conduce, in non poche occasioni, all’invalidità totale del paziente e per questo la malattia figura tra le principali cause d’invalidità assoluta a livello mondiale.
Altri sintomi che si possono osservare nel trascorso della malattia sono l’insonnia, l’ansia, la depressione e il dolore delle articolazioni delle spalle e della regione cervicale, oltre a problemi nell’olfatto.
Il dottore in Scienze Medicas Javier Sánchez López, specialista di 2º Grado in Neurologia dell’Istituto di Neurologia e Neurochirurgia, ha detto che le investigazioni recenti suggeriscono che la malattia di Parkinson sembra obbedire basicamente a un deficit di dopamina nel sistema nervoso, un neuro trasmittente che interviene regolando differenti funzioni nell’organismo umano, come la condotta motrice,
l’emotività, l’affettività e la comunicazione.
«Alcuni studi vincolano l’apparizione della malattia a fattori ereditari in una determinata percentuale dei casi, e quindi è molto importante conoscere se esistono precedenti familiari.
«In generale, suole presentarsi con maggior frequenza dopo i 60- 65 anni, più negli uomini che nelle donne. L’esperienza internazionale degli ultimi tempi indica che può apparire a partire dai 50 anni e anche prima».
Come ha dettagliato il dottor Sánchez López, attualmente nel pianeta circa sette milioni di persone soffrono il male di Parkinson, mentre le stime della OMS situano in 14 milioni la cifra di malati per il 2040.
Il notevole aumento dei casi ha strette relazioni con un accentuato processo d’invecchiamento della popolazione nel mondo.
L’ ESPERIENZA DEL CIREN
La dottoressa Ivonne Pedroso Ibáñez, specialista di II Grado in Neurologia e capo della Clínica dei Disturbi del Movimento e delle Malattie Neurodegenerative del Centro Internazionale di Restauro Neurologico (Ciren), ha indicato a Granma Internacional che, dalla sua creazione più di 30 anni fa, l’entità offre assistenza medica a pazienti con Parkinson che sono indicati da differenti livelli d’assistenza della salute.
«Anche se non c’è cura, l’essenziale, per il momento, per diminuire i significativi effetti avversi della malattia, è fare la diagnosi dei sintomi dei pazienti nell’esame neurologico, e indicare immediatamente i trattamenti indicati», ha spiegato la dottoressa.
«Quello che indichiamo nella nostra clinica è personalizzato in corrispondenza con i sintomi predominanti e le invalidità presenti. Combina l’utilizzo di farmaci anti-parkinsoniani, specialmente la levodopa, (considerato il più efficace di quelli usati sino ad oggi, per ottenere il controllo delle fluttuazioni e della mobilità con la riabilitazione fisica e la chirurgia.
«L’esperienza di tre decenni pone in evidenza che quando si ottengono i propositi enunciati, le possibilità di migliorare la qualità di vita dei malati sono promettenti e favorevoli, ha sostenuto Pedroso Ibáñez.
Poi ha definito come una vera fortezza il lavoro integrale, multi disciplinare e dedicato del collettivo di investigatori, medici e altri professionisti, che ha permesso d’assistere più di 4 000 pazienti ricoverati e 9 000 seguiti con consultazioni esterne.
José Luis Pérez Ramos, di 66 anni ha presentato la malattia nel 2006 e ha cominciato a farsi seguire nel Ciren quando già presentava movimenti involontari, lentezza al camminare e disturbi della parola.
Ha riferito che nel suo caso il trattamento è consistito nel prendere il medicinale Levodopa+Carbidopa, unito alla realizzazione di esercizi físici e all’ingestione abbondante di liquidi.
Poi è stato inserito in un saggio clinico con la NeuroEpo e oggi continua a lavorare e si mantiene attivo il più possibile.
«Lo sviluppo scientifico tecnologico attuale, ha risaltato la dottoressa Ivonne Pedroso, apre nuovi orizzonti con la conoscenza della fisiopatologia della malattia e nella possibilità di fare diagnosi più rapide, sicure e certe, con marcatori e altri strumenti.
A questo si somma l’incorporazione,negli ultimi anni e con promettenti risultati, dello stimolo cerebrale non invasivo magnetico ed elettrico, che funziona favorevolmente nel controllo dei sintomi motori e non motori, modulando i circuiti neuronali e i sistemi di neuro trasmissione, e propiziando la liberazione di dopamina», ha sottolineato. (GM/Granma Int)