OFFICIAL VOICE OF THE COMMUNIST PARTY OF CUBA CENTRAL COMMITTEE
Photo: Jose M. Correa

Esempi su dove bere (oggi, domani e sempre) per non piegare mai il ginocchi sottosesso, la storia di Cuba ne può offrire tanti come desideriamo alle attuali e future generazioni.
Lì c’è Hatuey, irremovibile tra le fiamme del rogo; un adolescente chiamato José Martí, più duro dei maltrattamenti del presidio nelle cave; Céspedes, affermando que Oscar, suo figlio vilmente assassinato, non è il suo unico discendente, perhcè lo sono tutti i cubani morti per la libertà; Gómez, identico di fronte all’accanimento con cui assassinano il suo adorato Panchito; Mella, ridotto a una parvenza d’uomo mentre
il cuore simula fermarsi; Abel Santamaría, guardando al futuro con più visione e dignità di coloro che gli strapparono gli occhi per far sì che tradisse..

 Il 24 febbraio marca anche come pietra miliare di riferimento qualsiasi e tutti i giorni del calendario.
 
Anno 1895.
Se gli uomini duri davvero  (Martí, Gómez, Maceo…) si«confondono» per la divisione che pose fine alla Guerra dei Dieci Anni, o per il colpo che significò la confisca, da parte degli Stati Uniti di tre navi con armi e munizioni per re iniziare la Guerra Necessaria  contro la metropoli spagnola in Cuba, la storia sarebbe una vergogna.
Già Martí aveva fondato un signor Partito Rivoluzionario Cubano (precisamente per unire, e come suo organo: il giornale Patria) e, con una enorme quantità di  discrezione e intelligenza,aveva inviato verso l’Isola l’ordine di sollevamento.
La Spagna dev’essere restata stupefatta. Non fu solo Baire.  Il Gritdo (così in maiuscola) scosse numerosi punti, soprattutto dell’Oriente cubano, ma anche a Matanzas e Las Villas. Chi avrebbe osato dire che tutto era perduto?
Alcune settimane dopo, come operano i grandi, sbarcarono a Playita de Cajobabo Martí e Gómez, in una cupa notte su una barca a remi. Chi arringa deve guidare: bellissima lezione per ognuno che dirige… almeno in Cuba
Certo che quel  24 febbraio ci viene come un anello al dito oggi. Non per alzarci contro noi stessi (per tutte  le calamità che ammucchia l’odio viscerale della politica statunitense, senza considerare quello che non abbiamo fatto bene), ma contro tutto quello che sottilmente o apertamente cerca di dividerci, frazionarci, debilitarci, affrontarci, come se non fossimo tutti fratelli, una stessa famiglia con uno stesso tetto e cortile.
Come rappresaglia a «quello di Baire», Valeriano Weyler ordinò una brutale riconcentrazione umana, in campi che potevano essere l’embrione di quelli disegnati poi da Hitler. Malattie, fame, sofferenza estrema, morte… niente riuscì a piegare il cubano, tutto il contrario. Grazie storia, caramba!
Sarebbe una superficialità imperdonabile sottovalutare la situazione molto complessa che attraversiamo oggi, nel mezzo di una «riconcentrazione» (isolamento, asfissia) con cui l’impero continua a trattarci.
La mia domanda è se ci arrenderemo, se lasceremo che ci facciano piegare le ginocchia per effetto della mancanza di combustibile, l’obsolescenza tecnologica o l’insufficiente capacità generatrice, con conseguenti apagones, la scarsità come mai di alimenti, i prezzi che non rispettano il salario onorevole e altre avversità, includendo il son che non pochi vogliono ballare senza sudare la camicia, né apportare.
Non sarebbe sensato, logico, sano o giusto con la nostra stessa storia, né con quel divino 24 febbraio, data scelta molti anni dopo (1976), per proclamare la Costituzione della Repubblica di Cuba e per il referendum da  Punta a Cabo, nel 2019, la Carta Magna che oggi ci protegge. (GM/Granma Int.)