OFFICIAL VOICE OF THE COMMUNIST PARTY OF CUBA CENTRAL COMMITTEE
Foto: Tomás Sánchez 

Julio Antonio Mella morì il 10 gennaio del 1929, vilmente assassinato in Messico. L’asino con gli artigli (il dittatore Machado) mandò ad ucciderlo per eliminare il suo esempio.
Il rivoluzionario che aveva fatto di più per Cuba in meno tempo, come disse Fidel, aveva 26 anni quando morì.
La sua vita c’insegna molto, dedicata alla dignità umana, quella che nei concetti di José Martí dovrebbero conquistare tutti gli uomini.
Forse la cosa più preziosa della sua esistenza fu che il rivoluzionario non seguiva modelli disegnati.
Il leader virtuoso, il fondatore della Federazione Studentesca Universitaria, sapeva che era necessaria un’altra università. Per lui, l’unica soluzione alla mediocrità che imperava, era vincere la mediocrità della Repubblica.
Per questo riscattò l’Apostolo anti imperialista degli omaggi rimbombanti e vuoti nei quali veniva occultato.
Da rivoluzionario a comunista, da maestro degli operai a studente degli operai, da fondatore di università a fondatore del Partito Comunista di Cuba. Perseguitato, temuto per la sua guida.
E allora, assassinato.
Quando i centristi della sua epoca vollero contrabbandare la riforma e non la rivoluzione, Mella, come una tromba, li denudò con il loro nome.
L’unico anti imperialismo che merita il suo nome è l’anticapitalista.
L’unica rivoluzione che si deve scrivere con la maiuscola è l’anti borghese.
L’ unico futuro che merita tutti i sacrifici è quello che conduce a una società senza classi.
L’unica lotta, quella che conquista tutta la giustizia.
Quando gennaio ricorda il crimine, il pensiero dibatte quale Mella dobbiamo riscattare. Quello di marmo in un busto, con gesto virile ed eroico, come un’eroe esemplare o l’iconoclasta, antidogmatico, ribelle, rivoltoso?
Quello che riposa nelle pagine rilassanti, come esempio del «disciplinato» che non fu mai o l’indomabile che non ha spazio in nessun libro?
Il fondatore o l’espulso?
Chi bussa alla porta? Quali porte apriremo?
La data invita a pensare ancora una volta di quale gioventù rivoluzionaria si necessita. L’ora indica l’azione: non lasciar morire chi in Messico non fece che elevare la sua vita, che rinasce dalle sue ceneri custodite dall’Università, e mentre costruiamo le risposte che ci giunga il grido vitale di Mella nella sua agonia: «Muoio per la Rivoluzione!». (GM/Granma Int.)