Riscoprire il «mitico respiro» della Rivoluzione e da lì sollevarci;
Incontrare di nuovo i cammini di leggenda e d’eroismo che fecero vivere episodi come quello di Girón, o come la lotta contro i banditi;
sommergerci nell’epica d’una voragine che per la sua umanità merita d’essere raccontata, cantata e continuata.
Il Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista e Presidente della Repubblica di Cuba, Miguel Díaz-Canel Bermúdez, ha convocato, la mattina di sabato 16, nel suo intervento di chiusura del VII Plenum del Comitato Centrale del Partito Comunista a questo ricco impegno con un discorso utile e bello in tutte le sue linee.
Svilupperemo le forze produttive e anche le forze spirituali della Rivoluzione, ha detto il Capo di Stato, che ha anche definito che è lì che passano i cammini per rafforzare l’orgoglio d’essere cubane e cubani.
Il mandatario ha dedicato le prime parole del suo intervento alla proiezione dell’Isola grande delle Antille nell’arena internazionale, specialmente durante quest’anno che sta terminando. Ha segnalato «la forza
della politica estera della Rivoluzione Cubana», sostenuta essenzialmente nell’eroismo del popolo e con forti radici nell’esecutiva e nel legato del Comandante in Capo Fidel Castro Ruz.
Cuba col suo operato, esempio a livello planetario, ha portato – come ha suggerito il dignitario- alla bancarotta dell’isolamento a cui l’imperialismo ha preteso di sottomettere il paese caraibico.
A questo punto del discorso non ha tralasciato il ruolo sviluppato quest’anno dall’Isola dei Caraibi, alla guida del Gruppo dei 77 più Cina, in qualità di presidente /pro-tempore/.
Questo momento del VII Plenum è stato opportuno per il Capo di Stato, per alzare un’altra volta la voce nella denuncia contro il genocidio che si sta perpetrando contro il popolo palestinese ed è stato anche lo spazio per ricordare la crudeltà del blocco imperiale contro Cuba.
Il mandatario ha valutato che l’impatto che rappresenta questo assedio per l’economia e la società cubana «è molto duro».
Díaz-Canel a questo proposito ha rilevato:«Però non possiamo farci sopraffare, assillare, dividere o smobilitare». Per questo ha richiamato a continuare ad essesre ottimisti, a non abbandonare la fiducia nella vittoria e ad avere la certezza che i cubani supereranno le sfide con il lavoro, il talento e la creatività propria, ossia con resistenza creativa».
In questa lotta di resistere e vincere, il Presidente cubano ha ricordato Fidel
e Raúl, e la scuola –appresa da loro — della «correzione opportuna». Díaz-Canel Bermúdez ha citato il momento del 2000 quando il Comandante in Capo «ci convocò a cambiare tutto quello che va cambiato». E poi si è riferito al 2005, quando Fidel avvisò, dall’Aula Magna dell’Università de L’Avana, che la Rivoluzione poteva auto distruggersi.
Il Capo di Stato ha indicato a proposito di precetti espressi dal leader storico della Rivoluzione Cubana che sono un suo legato: «Le sue idee sull’importanza della rettifica costante nel processo rivoluzionario, hanno
trasceso nel tempo». Ed ha segnalato il valore «dell’osservazione critica»
da parte dei rivoluzionari, in relazione alle cause che potrebbero attentare contro un processo emancipatore, sempre minacciato
Díaz-Canel ha parlato di «correggere tutto quello che si allontana dallo spirito della Rivoluzione» e di saper creare soluzioni nuove per tutti i problemi».