
Il 28 settembre del 1962 –nel discorso pronunciato per il secondo anniversario della creazione dei CDR– fu possibile per Fidel affermare che questi erano divenuti «un’istituzione nuova, un apporto della Rivoluzione cubana all’esperienza sempre più ricca dell’umanità». In questo momento, l’indicazione della fondazione con cui nasce l’organizzazione si è modificata («riducendo la cornice delle funzioni che in un dato momento avevano ispirato la loro creazione», disse Fidel), già che –oltre alle azioni di vigilanza e la captazione politica che vivevamo prima – sono risultati strumenti per altre serie d’attività sociali».
Due anni dopo il solo fatto che il 6º anniversario della creazione dei CDR si celebra, il 28 settembre del 1964, in maniera congiunta con il centenario della Prima Internazionale, è un chiaro segnale di una radicalizzazione politica profonda.
È per questo che il primo paragrafo del discorso propone l’esistenza di un transito daa quello che Fidel chiama «l’entusiasmo iniziale» e un «entusiasmo cosciente» che lo sostituisce nella misura in cui il tempo passa e la «maturità delle masse» diventa più forte. Questo transito risulta equivalente al passo dalla fede nella Rivoluzione (propria dei momenti iniziali) alla comprensione della Rivoluzione; questo secondo, manifestazione di una coscienza liberata.
Nel suo intervento, Fidel, nella manifestazione per il 7º anniversario della creazione dei CDR il 28 settembre del 1967, indica che la visione (e questa proposta) sull’organizzazione dimostra una tale profondità che ci vediamo installati nei preliminari di un mondo realmente nuovo .Ora si tratta d’una cosa molto piu estesa che una questione di guerra e ci appare (con gli impegni di controllo, vigilanza e resistenza), una numerosa quantità d’assegnazioni che abbiamo visto come impegni realizzati dai CDR.
Di fatto le possibilità dell’organizzazione sono tali che la situazione ha senso solo se la vita stessa della nazione, la vita intera, si rifonda su basi di solidarietà, dedizione, coscienza critica, chiarezza ideologica e amore, cioè tutto quanto s’immagina o si fa nell’organizzazione dev’essere sentito come un’azione, un procedimento e uno strumento per trasformare l’entità che sorge quando si fondono la storia presente della nazione, le immagini del futuro e la vita personale-
La chiave di lettura per tutto quello detto sino a qui s’incontra un poco più avanti nel discorso, quando con un ragionamento sfidante Fidel riflette su perchè (va ricordato che il discorso è pronunciato nel 1967) non esiste nel paese «una genuina costituzione socialista».
Al posto di questa, il leader (si) risponde che, in verità si tratta della «vecchia Costituzione borghese sul cui scheletro la Rivoluzione ha stabilito un’infinità di rammendi».
La congiunzione tra l’esistente e il possibile obbliga a interrogarsi sul fatto che –tuttavia dopo otto anni dal trionfo rivoluzionario del 1959 – la vita del paese continua ad essere guidata da una costituzione. In questo punto del discorso risponde:
«La nostra Rivoluzione non ha voluto, per esempio, cominciare a fare una creazione astratta e mediante questa creazione astratta stabilirne una rimbombante chiamata costituzione socialista. E quanto ci rallegriamo, quanto ci rallegriamo!
Alla luce dell’attuale esperienza e guardando indietro,
nell’insondabile oscurità della nostra passata ignoranza, comprendiamo con assoluta chiarezza quanti errori di concetto, quante cose inintelligibili e quante sciocchezze irreali, astrazioni a mille leghe dalla realtà avrebbe implicato una simile costituzione».
Anche senza usare la parola “cultura”, l’incontro precedente permette di comprendere che è l’assenza di una cultura (che operi come un supporto necessario per far sì che quello che si legifera divenga interiorizzato) quello che giustifica l’ibrido tra il corpo legale del passato e gli apporti del presente rivoluzionario; detto in un altro modo non c’è questa nuova costituzione perchè il nuovo dev’essere la cultura e la maniera in cui i soggetti sono cambiati per la cultura.
In questo mondo dove, è segnalato nel discorso, « la realtà precede l’elaborazione o la spiegazione astratta della realtà» la frase allora è indirizzata all’analisi e alla spiegazione delle logiche che soggiacciono alla creazione, lo sviluppo e le potenzialità dei CDR, questa istituzione che non è mai stata prima in nessun libro di “teorie rivoluzionarie”, in programma, manifesto o dichiarazione.
Queste logiche sono quelle che fondamentano il seguente momento, in cui il discorso si rifersce al ruolo che i CDR giocano come vincolo “tra le masse e le istituzioni del potere rivoluzionario”. In questa forma, più autentico è il processo, più opportunità ci sono per generare il fermento di una vita in cui la società è orientata “verso forme nuove di sviluppo sociale, verso forme nuove d’istituzioni sociali, verso meccanismi nuovi di legame tra la massa e le istituzioni del potere,
verso lo sviluppo di forme genuinamente nuove, efficienti, di democrazia …”
Cos’è e quanto comprende questa organizzazione possibile, creata e alimentata all’interno della Rivoluzione Cubana?
Che sfide ci presenta oggi la sopravvivenza di questa organizzazione? Quali possibilità contiene la diversità di flussi che confluiscono in lei, verso di lei e da lei?
Cosa condivide tutto questo con la promessa di un mondo radicalmente nuovo portato con sè dalla Rivoluzione socialista in un paese del circuito del sottosviluppo, recentemente estratto dagli obblighi e dalla subordinazione d’una forte dipendenza neocoloniale?
Che cos’è tutto quello che tuttavia non abbiamo compreso o fatto con i CDR?
Cosa sprechiamo?
Terminerò con un momento altamente sfidante del discorso pronunciato da Fidel Castro nella concentrazione per il X Anniversario dei los CDR, il 28 settembre del 1970: “… in un futuro il contenuto dell’attività di questa organizzazione di massa, i Comitati di Difesa, si trasformerà nella misura in cui il suo impegno non solo sia come oggi: vigilare, partecipare a questa campagna di tale tipo, raccogliere materie prime partecipare a una battaglia delle masse, e anche a tutti questi fenomeni che hanno a che vedere con la produzione dei beni e dei servizi essenziali per il popolo”.
In che modo (noi) spieghiamo il funzionamento di un’organizzazione con un simile grado d’elasticità nel suo operato? Il discorso del VII anniversario, pronunciato il 28 settembre de 1967, ci dice che si tratta di un’organizzazione che ha “impegni specíiici”, assume “nuovi impegni” e comprende anche sforzi “in qualsiasi senso” quando non appare d’immediato chi si possa incaricare del compito.
Le due prime caratteristiche sarebbero logiche per qualsiasi integrazione nel sistema, mentre la terza comunica un grado d’urgenza e d’emergenza temporanea che fanno dei CDR una struttura unica assolutamente eccezionale in quel che riguarda l’esercizio e l’amministrazione del potere politico.
La distribuzione di questo potere divenne anche più complessa quando nel 1976 si crearono nel paese gli organi del Potere Popolare e il carattere d’assemblea del contatto tra il leader e la massa divenne immediatamente un futuro di quartiere.
L’aspetto politico aveva avuto la sua espressione popolare più elevata nel modello d’incontro diretto tra Fidel e il popolo, che incontrava i suoi esempi supremi nei momenti di dialogo espressi nei numerosi discorsi pubblici del leader; ora, come parte di un’enorme sfida si trattava di moltiplicare queste pratiche, queste pedagogie, questi esempi, soluzioni di problemi e impulsi verso la coesione nel flusso della vita delle comunità nelle loro scale territoriali più basse.
Non era già il momento eccezionale e anche trascendentale in occasioni, degli incontri con spazi di grandi discorsi, dove confluivano più di un milione di persone - in manifestazioni di lealtà della base mai visti nel paese– ma di riprodurre questa stessa energia sino al più piccolo angolo; con l’appello alla nota frase di Guevara si trattava di insufflare nella società la sostanza “dell’eroismo di tutti i giorni”.
Detto in un altro modo, quello che succedeva nella macro assemblea ora doveva avvenire nei momenti dell’elezione ei dei delegati di circoscrizione, con l’applicabilità quotidiana di questi come rappresentanti del popolo in questi piccoli spazi e soprattutto nell’intensità del flusso di opinioni durante questa autentica scintilla dell’energia rivoluzionaria che dovevano essere sempre le assemblee delle rese dei conti.
Mentre l’esperienza ( vissuta in forma personale, ascoltata o letta ) mi convince che non è successo così e che risulta straordinario immaginare un potere nel quale – in maniera continua, e in un allucinato esercizio dell’immaginazione – le strutture, le guide e il potenziale di mobilitazione a livello di quartiere dei CDR e delle strutture del potere popolare si combinano in funzione di: vigilare, attendere (proprietà e persone), convincere, dialogare, stimolare, impulsare, appoggiare le dinamiche delle famiglie, proteggere i più deboli, essere intermediari delle domande e le necessità dello Stato, ascoltare e trasmettere necessità e domande della popolazione, organizzare, controllare e moltiplicare le produzioni e le offerte di beni e servizi in piccola scala, tra i molti contenuti ancora inesplorati.
Con questo concetto, l’ambito d’azione del duetto delle organizzazioni comprenderebbe ugualmente l’attenzione e la cura del persone anziane e le difficoltà per invalidità (fisiche o economiche), lo stimolo e il controllo popolare sulla micro-economia di carattere di quartiere; il ripasso degli studenti con difficoltà d’apprendimento ( attraverso le richieste d’aiuto dei loro genitori), e vicini con capacità d’agire come tutori), come la convocazione e l’organizzazione d’una domenica con “il piano della strada”, un ballabile per far divertire i vicini, una fiera, una presentazione di libri, l’appoggio a una campagna di vaccinazione o un altro tipo d’azione relazionata con la salute, la discussione di documento sulla violenza di genere, il razzismo, l’identità sessuale, l’insegnamento della Storia, la realizzazione di orti comunali, la sovranità nazionale, l’eredità coloniale le strutture politiche del paese e qualsiasi tema internazionale.
Che tipo di organizzazioni sono non una o ognuna in maniera isolata, ma – come fossero una sola - queste due organizzazioni?
Come si relazionano tra loro e come lo fanno con il Partito Comunista di Cuba, organizzazione che guida la vita politica nel paese? Detto in un altro modo, come si relaziona il PCC con la vita quotidiana del quartiere?
Se accettiamo la proposta che gran parte di queste relazioni dovrebbero – o potrebbero – essere veicolate attraverso questa coppia d’organizzazioni che sono nello stesso tempo componente intimo del potere, ma anche non equivalenti al duetto Partito – Stato, di che tipo, quantità e qualità di potere sono depositarie queste organizzazioni?
Come lo dovranno esercitare, perchè, e con quali conseguenze negli apparati statali e del Partito, con quali conseguenze nei soggetti?
Sia il Potere Popolare che i Comitati di Difesa Rivoluzionaria possiedono un’identità grazie alla quale si auto riconoscono nel ruolo di accompagnanti e guardiane delle visioni del paese, derivate dall’egemonia e dalla conduzione politica del Partito, così come dalle decisioni dello Stato, ma anche come intermediari di fronte al soggetto popolare, testimoni, garanti e partecipanti critici di queste visioni e progetti provenienti dal nucleo fondamentale del potere.
Da quest’angolo, la traslazione e/o la consegna del(i) potere che, sino a qui , abbiamo commentato non significa forse il più radicale abbandono, trapasso o consegna del potere che possiamo pensare ?
Che tipo di società è (o meglio sarebbe) quella nella quale la totalità dei processi descritti si verifica o mostra in tutta la sua ampiezza, diversità, derivazioni, connessioni, intensità o radicalità?
Che tipi di soggetti è necessario che siamo noi cubani in tutta la geografia o posizionamento, per far sì che questa proposta sia possibile interamente e (se non è possibile) ricercabile e desiderabile ?
Perchè tutta questa catena di domande, tra il delirio e la ferita, sorge qui in una piccola isola del sottosviluppo, estratta dal circuito neocoloniale, grazie a una Rivoluzione che – molto rapidamente – è affluita verso l’identità socialista?
Un processo che si è proposto non solo di cambiare le relazioni di proprietà e delle strutture politiche, ma lo stesso soggetto.
Cosa si scopre da qui – dove, dato che non potremo mai cambiare la geografia – che obbliga, conduce o condiziona un simile “pensare”, assolutamente rivoluzionario e nuovo del potere e del soggetto popolare? ( GM-Granma Int.)




