OFFICIAL VOICE OF THE COMMUNIST PARTY OF CUBA CENTRAL COMMITTEE

La medicina intensiva nel mondo si è caratterizzata, dal suo inizio per la sua capacità d’identificare e assimilare dinamicamente situazioni cliniche di malati   gravi o critici, nei quali predomina l’instabilità fisiologica, e dove piccoli cambi possono portare a un serio deterioramento globale con danni organici irreversibili o la morte, per cui è necessario esercitare su di loro una serie di stretti controlli, utilizzando trattamenti speciali e immediati.

Granma ha parlato con il dottor Ricardo Pereda González, membro del Gruppo Nazionale di Medicina Intensiva e d’Emergenza di questa sfera in Cuba in tempi di pandemia, che concepisce la specialità come un insieme d’azioni speciali e integrali per ottenere una sopravvivenza che porti al recupero o alla cura delle malattie.

Per questo impegno specializzato si lavora con un protocollo di condotte, dove si definiscono gli schemi dei trattamenti medici, le misure di bio sicurezza e il sistema di lavoro congiunto per elevare la qualità dell’assistenza e ottenere risultati migliori nell’assistenza al paziente grave.

«Tutta l’attività medica ha un protocollo e si applica in accordo con la malattia del paziente. È come una guida d’attuazione in ogni unità e risponde all’evoluzione del malato.

Non esiste un protocollo nazionale unico nelle unità di terapia intensiva, ma si aggiusta alla situazione del maneggio dei casi di ogni unità specializzata», ha precisato lo specialista di secondo grado in Medicina Intensiva e Emergenze.

Poi ha aggiunto che nei mesi di lavoro con la pandemia del nuovo coronavirus in Cuba, i protocolli si sono aggiustati alle patologie specifiche con esperienze positive e senza contraddizioni con i medicinali incorporati.

–Possiamo parlare dei protocolli cubani per il trattamento della COVID-19?

–Disegniamo i nostri protocolli partendo dalle esperienze internazionali, e abbiamo incorporato gli apporti validi ottenuti in questi mesi di pandemia.

L’esperienza accumulata ci permette sicurezza e tranquillità con l’utilizzo di medicinali adeguati e inclusi in accordo con le situazioni prestate.

È stato concepito un piano di sviluppo per le unità di terapia intensiva del paese?

–Partendo dall’esperienza nel maneggio della COVID-19 e con gli orientamenti della direzione del paese, abbiamo definito un piano per lo sviluppo delle nostre unità di terapia intensiva in tre tappe, partendo anche dall’esperienza accumulata con l’introduzione e il transito di questo tipo di servizio in Cuba.

«Il principale interesse è elevare il numero di capacità per l’assistenza del paziente grave, che possa dare una risposta a questa pandemia e a future situazioni epidemiologiche, con l’introduzione di tecnologie mediche nuove e di personale specializzato in pratiche di terapia intensiva, dando attenzione all’Infermeria, che è decisiva per il recupero d un malato.

«La prima tappa deve terminare nel 2021, ed è concepita per riparare e modernizzare le unità in funzione e incorporare un numero importante di posti letto, in accordo con la situazione economica del paese.

«La seconda è concepita sino al 2023 e la terza sino al 2026.

«Il nostro proposito è introdurre tutto quello che ci manca per completare i servizi in ogni unità di terapia intensiva e poter disporre di migliori e nuove risorse tecnologiche: dal ventilatore meccanico e dai sistemi ingegneri, tra gli altri, pensando nella struttura fisica dei locali che deve rispondere alle patologie da trattare. La COVID-19 ci ha indotto ad ampliare i cubicoli d’isolamento.

L’impegno e la sfida sono salvare vite.

«A Cuba ci prepariamo per il momento peggiore in uno scenario avverso e con una situazione estremamente complessa per assistere un paziente con la COVID – 19, ma non abbiamo mai superato le capacità previste e non c’è stato nessun collasso nei nostri ospedali».

–A cosa si deve che le nostre unità di terapia intensiva non hanno collassato nei momenti di maggior diffusione della COVID- 19?

–Contiamo su un Sistema di Salute organizzato, con una direzione sistematica quotidiana e una partecipazione diretta della massima direzione del paese.

Questo ci ha obbligato a realizzare gli impegni secondo quanto previsto per ogni momento, con la conduzione del Ministero di Salute Pubblica (Minsap).

«Nessuna de nostre unità ha superato le sue capacità; anche nei momenti più tesi abbiamo ricoverato i malato in istituzioni già preparate e previste per un incremento della quantità di pazienti.

Questo era previsto nel piano strategico per dare risposte all’epidemia. Lo teniamo sempre disegnato e oggi ci porta a prendere decisioni sulla fessibilità del piano in accordo con le circostanze».

–Come mai non ci sono stati contagi né morti tra il personale che lavora nella zona rossa?

–Si deve alla preparazione e all’addestramento ricevuto dai professionisti selezionati che lavorano nella zona rossa.

Loro rispettano strettamente, senza violare i protocolli, le misure di biosicurezza. Si è generato il principio di proteggersi, gli uni con gli altri, come parte della disciplina dentro gli ospedali e soprattutto in un’unità di terapia intensiva.

«Includo in questo gruppo quelli che garantiscono l’igiene dei locali, degli utensili e della distribuzione degli alimenti.

«Penso che esiste rispetto e attenzione, aderendo al protocollo di biosicurezza che si stabilisce per questi luoghi. Tutto è scritto e la nostra pratica ci ha dimostrato che aderire al protocollo di biosicurezza è stato un successo nello scontro alla COVID-19 in Cuba».

–Che esperienze può offrire Cuba al mondo, in questa tappa di pandemia, per le terapie intensive?

–Una delle esperienze si trova nell’efficacia dei protocolli, assumendoli con disciplina e rispetto.

«L’altra è stata contare con un sistema di Salute organizzato a vari livelli, con copertura universale e gratuita per tutta la società con a conduzione del Minsap e del Governo. I nostro protocollo di attenzione alla COVID-19 comincia e termina nella comunità.

«Il programma del medico della famiglia ha la responsabilità d’assumere la prevenzione, l’attenzione e la vigilanza epidemiologica dei territori.

Lì si definiscono le azioni per prevenire e poi condurre verso tutti i livelli necessari, nella misura in cui avanza la gravità nella malattia.

La prevenzione comprende la ricerca precoce di quei casi contagiati o con la possibilità di contagiarsi.

Per questo utilizziamo gli studenti di tutte le università con enfasi in quelli di medicina, per fare un’investigazione totale. Inoltre la massima direzione del paese prende le opportune decisioni ogni giorno e decide il controllo.

«Queste esperienze sono uniche per la volontà politica della nazione per combattere una lotta a un problema di salute a livello globale.

A questo si aggiungono la risposte della popolazione, che mantiene una disciplina in accordo con i richiami realizzati dalle autorità.

«Sarebbe ingiusto non segnalare la risposta dell’industria biotecnologica cubana e dei suoi scienziati che hanno lavorato in maniera unita».

–Quanto incide il blocco economico degli USA nelle terapie intensive?

–Il blocco è onnipresente da molti anni e le possibilità economiche del paese sono ridotte dalle azioni e dalle misure coercitive del Governo degli USA. L’indurimento di queste misure è stato molto significativo con il colpo della pandemia, ci limita e ritarda i tempi, includendo l’introduzione delle tecnologie. Il blocco è criminale non solo per i cubani ma anche per gli stessi statunitensi, dato che impedisce lo scambio delle conoscenze tra i due paesi.

In cifre:

122 unità di terapie intensive municipali

152 unità di terapie intensive distribuite in:

47 neonatali

32 pediatriche

73 per adulti

1 203 letti per il trattamento specializzato i terapie

10,7 letti per terapia intensiva per ogni 100 000 abitanti

15 letti per ogni 100 000 abitanti, in accordo con il piano di sviluppo di questa sfera sino al 2026. (GM – Granma Int.)