
La dottoressa Odalis María de la Guardia Peña, specialista in secondo grado in Immunología, ha definito «promettenti» i risultati preliminari ottenuti al termine della prima fase del saggio clinico per l’utilizzo delle cellule madri in pazienti che hanno sofferto per lesioni polmonari dovute alla COVID-19.
Lo studio, sviluppato dal mese di marzo nell’istituto di Ematologia e Immunologia (IHI) vuole eliminare o diminuire le lesioni infiammatorie interstiziali o fibrotiche polmonari successive all’infezione.
La dottoressa, master in malattie infettive e a capo dei servizi esterni del IHI ha spiegato che l’investigazione avrà un grande importanza «se, come speriamo, la terapia con le cellule madri darà risultati positivi in questi pazienti con alterazioni polmonari POST-COVID-19».
«Se il trattamento sarà efficace, lo si generalizzerà in tutto il paese per migliorare la qualità di vita e di respirazione di questi pazienti », ha detto con l’entusiasmo di chi realizza la missione più importante del mondo: salvare vite.
IL POLMONE, ORGANO «BERSAGLIO»
De la Guardia Peña commenta che, anche de i problema provocati dal SARS-COV-2 sono differenti (cardiovascolari, renali , nel cervello, nel sistema vascolare, negli arti inferiori e altro, l’organo “bersaglio” nel caso della COVID – 19 è il polmone, dove il paziente può presentare problemi durante la malattia e anche dopo la guarigione e questo viene studiato a livello internazionale.
«Abbiamo incontrato casi, esattamente tra i pazienti cubani, che hanno presentato questo tipo di problemi, soprattutto quelli che hanno sofferto evoluzioni più torpide. Tra le persone visitate per lo studio abbiamo incontrato casi di alterazioni polmonari importanti, le più frequenti, ma forse non le più gravi», ha spiegato la specialista.
LA CAPTAZIONE PER I SAGGIO
«Questa consultazione di captazione è stata atipica perché è stata realizzata nel terreno, visitando le case dei pazienti recuperati» spiega la dottoressa e descrive che i candidati dovevano rispondere a determinati criteri per l’inclusione.
Era imprescindibile che avessero un’età tra 18 e 70 anni essendo dei due sessi, d’aver superato 30 giorni dopo aver contratto la COVID – 19, avere un PCR negativo nel momento della captazione e aver presentato problemi respiratori dall’inizio della malattia.
Inoltre sono stati cercati quelli con un’evoluzione più torpida di più di 20 giorni in un ospedale con necessità dell’uso d’ossigeno o ventilazione assistita, in stato grave o critico o con necessità dell’uso di un aerosol come trattamento.
«Sono state visitate 130 case in circa tre mesi, da maggio a giugno; sono stati intervistati 141 malati e tra loro ne sono stati studiati 50. Nel saggio sono stati aggiunti 20 pazienti, la quantità determinata», ha informato.
SEQUELE POLMONARI
«Durante l’investigazione sono state apprezzate diverse sequele della COVID-19, anche se la più frequente è stato il danno polmonare. In alcuni casi è stata notata l’apparizione d segni di fibrosi polmonare, problema che non si riesce a correggere totalmente e che si può trattare solo per aumentare la capacità polmonare e migliorar la qualità di vita», ha spiegato la capo dei Servizi Esterni del IHI.
«Lo studio è sempre in processo. La prima parte è terminata, ma ci vuole un certo tempo per realizzare la valutazione finale del malato. Quello che possiamo dire è che sino ad oggi siamo molto contenti dei risultati che abbiamo osservato, che sono promettenti», ha segnalato.
STORIE INDIMENTICABILI
-Ricorda qualche storia che l’ha colpita?
«Il primo giorno che sono andata a realizzare l’investigazione, sono arrivata a casa di una paziente che quando ha aperto la porta presentava una franca difficoltà respiratoria apprezzabile a una semplice vista.
«Abbiamo realizzato l’interrogatorio e ci siamo resi conto che quella difficoltà si manteneva ogni giorno, cinque settimane dopo la diagnosi della COVID- 19 e 15 giorni dopo il PCR negativo. Questo caso è stato significativo, perché ci siamo resi contro delle sequele che possono presentare i malati dopo la malattia, dichiarati guariti, dopo aver ricevuto tutti i trattamenti, che possono presentare sintomi per un periodo prolungato.
In un’altra occasione, un paziente ci ha ricevuto molto contento e grato per l’assistenza continuata, fatto molto frequente anche con altri casi. Questo atteggiamento ci confermava che i pazienti visitati avevano ancora disturbi, nonostante la dichiarazione di guarigione e le dimissioni ospedaliere».
LEI PUÒ ESSERE ASINTOMATICO O PUÒ MORIRE
«Lei può contagiarsi e essere asintomático o sviluppare i sintomi più gravi della malattia e morire. Questo è un rischio, nessuno lo sa, né lo può controllare», allarma la specialista, per cui da questo deriva l’importanza di proteggersi, di stare costantemente all’erta, perchè chiunque di noi può sviluppare la forma più aggressiva della COVID-19. Mi sommo a tutto quello che diceva il professor Durán tutti i giorni alle nove di mattina, su come si devono realizzare le misure, l’uso della mascherina, il lavaggio delle mani, i tappetini imbevuti d’ipoclorito allo 0,5 % all’entrata delle aree comuni, il distanziamento sociale e la disciplina collettiva. La popolazione si deve proteggere in forma personale con la responsabilità individuale sino al successo contro la pandemia», ha concluso.
IL TRATTAMENTO CON LE CELLULAS MADRI
• Quando il paziente è inserito nello studio, comincia il trattamento con l’iniezione del Fattore Stimolatore di Colonie Granulocitiche, Ior Leukocim, un prodotto fabbricado nel Centro di Immunologia Molecolare, per ottenere la mobilità delle cellule madri dal midollo osseo al sangue periferico.
• Successivamente si estrae il sangue del paziente e si separano e concentrano le cellule mononucleari.
• In questo pool cellulare figura la cellula madre ematopoietica con altre no ematopoieticche. Questa hanno la proprietà immuno-regolatrice e favoriscono la scomparsa delle lesioni e la ricostruzione del tessuto polmonare.
• Le cellule vengono iniettate per via endovenosa.
• Il paziente si valuta un mese dopo e di nuovo, ai sei mesi per conoscere l’efficacia clinica di questa terapia cellulare.
(Intervista pubblicata in Granma, a Consuelo Macías Abraham, Direttrice
dell’Istituto Nazionale di Ematologia e Immunologia/ GM – Granma Int.)




